Oggi più di prima i problemi
ambientali continuano a rappresentare una delle maggiori preoccupazioni del
nostro pianeta.
Le statistiche più recenti,
verificate e diffuse dall’ONU, confermano la complessità della problematica
ambientale e mettono in risalto, fra l’altro, l’impatto dell’agricoltura industriale sull’attuale crisi ecologica.
Scendendo nel particolare e parlando
di incidenza in percentuale sulle cause che scaturiscono l’effetto serra,
possiamo tranquillamente affermare che le emissioni di gas serra vengono
prodotte in buona parte proprio dall’agricoltura, rappresentando
ben oltre il 30% del totale annuo delle attuali emissioni prodotte sulla terra.
In merito occorre evidenziare che
l’agricoltura è una delle principali fonti responsabili della formazione di
metano e protossido di azoto; infatti il metano deriva dalla produzione
zootecnica e dalle risaie, il protossido d’azoto deriva dall’impiego dei
fertilizzanti.
L’ONU ha segnalato, ed ultimamente
anche rimarcato, che il perdurare di tale situazione, sarà la causa di un
inesorabile cambiamento climatico ed avrà conseguenze pesanti sia sulle
condizioni di vita degli agricoltori che dei pescatori e di tutte quelle altre
persone che dipendono dalle risorse forestali ed agricole.
Secondo il rapporto redatto sempre
dalle Nazioni Unite per l’Ambiente, dal 1980 i fenomeni pericolosi legati al
clima sono aumentati; infatti le tempeste di vento sono aumentate del 100%,
mentre le inondazioni sono aumentate addirittura del 350%.
Facendo riferimento agli anni
passati, secondo le notizie derivanti dalle statistiche di cui si dispone,
tenuto conto dei costi e degli impatti derivanti dalle pesanti catastrofi
vissute nel mondo, si può affermare che gli anni 2008, 2010 e 2012 si sono rivelati anni da record per
eccellenza.
Tra le varie catastrofi verificatesi
negli anni in menzione che hanno causato oltre 100.000 morti non vanno
dimenticate le siccità prolungate, i violenti fenomeni alluvionali, grandinate
fuori tempo, ecc., che hanno distrutto interi raccolti e devastato intere aree
in ogni parte del mondo, contribuendo alla crisi alimentare mondiale.
Una situazione particolarmente
delicata e fragile è stata poi registrata dalla Fao nei Paesi insulari del
Pacifico; il riscaldamento degli oceani, la maggiore frequenza di cicloni
tropicali, di inondazioni e di periodi di siccità, continuano infatti a
costituire un grave rischio con conseguenti effetti devastanti
sull’intera produzione alimentare di questi paesi.
Le catastrofi connesse con il
cambiamento climatico stanno già mettendo a dura prova lo sviluppo di questi
piccoli stati insulari, che sembrano attraversare una costante situazione di
ricostruzione post-disastro.
Ma i cambiamenti climatici
influiscono anche sulla vita degli animali, delle piante ed in particolare
sulla modifica dell’habitat di quest’ultimi, infatti almeno 33.000 specie di
piante e 5.400 specie di animali sono a rischio di estinzione.
Ricordiamo che l’Unione Mondiale per
la Conservazione
della Natura (IUCN), al riguardo, ha redatto una Lista Rossa sulla quale
raccoglie tutte quelle informazioni sulle piante e sugli animali nel mondo.
Su questa lista, tutte le specie a
rischio sono state divise in 5 categorie: Vulnerabile (una specie
ritenuta a rischio di estinzione allo stato selvatico); A rischio (una
specie ritenuta ad alto rischio di estinzione allo stato selvatico); A un
punto critico di rischio (una specie ritenuta ad altissimo rischio di
estinzione allo stato selvatico); Estinta allo stato selvatico (una
specie che sopravvive soltanto in cattività o all’interno di zone protette); Estinta
(gli esperti sono sicuri che gli ultimi esemplari - selvatici o in
cattività - siano tutti scomparsi).
Soltanto per i mammiferi si ritiene
che siano a rischio un migliaio delle circa 4.600 specie esistenti: Animali
come i rinoceronti neri, le tigri, i cammelli, le foche monache e tante altre
varietà di animali, sono tutti sulla lista delle specie in pericolo.
Basti pensare che nell’ultimo
trentennio il numero delle tigri si è ridotto a circa 5.000 esemplari, mentre
quello dei rinoceronti neri è diminuito del 95%.
Ma perché i cambiamenti climatici
diventano fonte costante di pericolo per la vita degli animali?
La spiegazione è semplice: Il mutare
delle condizioni atmosferiche può causare il congelamento od il
surriscaldamento delle acque ovvero può far diventare l’acqua troppo calda o
troppo fredda; pertanto l’eventuale perdurare di tali situazioni può essere
causa inevitabile del prosciugamento delle risorse o del congelamento delle
stesse, costituendo così una fonte di pericolo grave, destinato a favorire e/o
causare l’estinzione sia di piante che di animali.
Tra le proposte destinate a
prevenire ulteriori disastri ambientali, è infine doveroso fare attenzione su
alcune soluzioni impostate nella giusta direzione e che dovrebbero essere
promosse con maggior vigore per ridurre le emissioni create dal settore
agricolo/forestale e migliorare l’adattamento al cambiamento climatico; in
particolare, semplicemente a fine conoscitivo, vanno segnalate: L’impiego di
varietà di colture più produttive; un maggiore controllo degli incendi boschivi;
una migliore gestione delle risorse naturali; la cattura del biogas proveniente
dal letame animale; la rigenerazione del terreno mediante il controllo dei
pascoli; la gestione organica del suolo; le pratiche di agricoltura
conservativa ed infine i sistemi agro-forestali integrati.
Vincenzo Caia
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