sabato 18 luglio 2015

"El presidente de la paz (Il Presidente della Pace)" e l’Ecosocialismo di Marinella Correggia



El presidente de la paz
di Marinella Correggia



Il mondo si divide fra chi fa le guerre e chi le contrasta. Fra chi sfrutta i popoli impoveriti e chi costruisce alleanze paritarie. Fra chi cerca di mantenere l'iniquo disordine mondiale e chi disegna i lineamenti di una nuova realtà. 

Hugo Chávez, presidente della Repubblica bolivariana del Venezuela scomparso nel 2013 è stato capace, insieme ai paesi dell'Alleanza Alba, di portare avanti iniziative per la prevenzione dei conflitti, costruire relazioni internazionali emancipatrici e pacifiche ben al di là del continente sudamericano (con particolare attenzione all'Africa), avviare la sperimentazione di un modello economico e culturale equo e sostenibile, di valenza planetaria. Su questi aspetti poco conosciuti del presidente venezuelano si sofferma questo testo, la cui versione spagnola ha vinto il Pimo concorso letterario "El pensamiento y la obra de Hugo Chávez Frias", organizzato dall'associazione Tricontinental de las relaciones internacionales y de la solidariedad (Trisol) di Caracas.

Le proposte e le sperimentazioni di questo uomo politico geograficamente lontano ne fanno una figura di riferimento. Studiarlo è un esercizio non accademico ma di utilità operativa.


POST FAZIONE
a cura dell' associazione Trisol

Il saggio preciso e appassionato di Marinella Correggia ha vinto il primo concorso letterario “El pensamiento y la obra socialista de Hugo Chàvez Frìas” organizzato nel 2014 dall' associazione tricontinental de la relaciones internacionales y de la solidariedad (Trisol) che ha sede a Caracas.

Nella relazione inevitabile e affascinante che si stabilisce con il testo El presidente de la paz. Hugo Chavez: resistenza all' imperialismo bellico, solidarietà internazionalista, cammino verso l' ecosocialismo, si coglie fra l'altro un fatto centrale: uno dei grandi risultati del presidente bolivariano consistette nella necessaria messa in discussione di leggi, azioni, insegnamenti, convinzioni che sembravano immutabili e fissi. In effetti la realtà è soggetta a contraddizioni (Karl Marx) e ai percorsi legati alla sua condizione. Questo ci invita indubbiamente a ripensare anche i più radicati tra i teoremi e le interpretazioni. Ci porta ad assumere la storia a partire da una prospettiva di totalità (Karl Kosik).

La riflessione che ci offre questo scritto si traduce in una necessaria ermeneutica intorno ai principi formulati dal presidente Hugo Chàvez Frìas. E' un modo per comprendere, e rendere visibili, lo spirito e gli ideali legati a una pratica rivoluzionaria ed emancipatrice.
In questo lavoro ci si imbatte in un modo peculiare di trattare i temi che furono motivo di preoccupazione e attenzione da parte del presidente Chàvez. Temi come la pace e le aggressioni patite da paesi ex colonie, le relazioni internazionali con il sud, in particolare con l'Africa, e il modo di trattare il paradigma socialista – come risposta alternativa a un modello di produzione in chiara crisi, e con la visione di un paese che compie grandi sforzi per arrivare alla cosiddetta semina del petrolio.

Al tempo stesso, è stato utile e opportuno trovare in questo scritto il riferimento alla “guerra alla guerra”: le potenze imperiali vedono nella conflagrazione bellica un modo per sostenere l' attuale ordine mondiale.

Ai conflitti armati si intrecciano le altre strategie e tattiche per l' appropriazione delle risorse naturali, della biodiversità e delle risorse energetiche in tutte le loro forme. E' una guerra intangibile e incommensurabile.

L' autrice analizza a partire da un altro sistema di pensiero i temi della pace e della guerra. E ne trae una dura critica della realtà geopolitica e geo-economica attuale.
Parlare di guerra nella prospettiva di Chàvez, significa riferirsi anche al potere economico, politico, finanziario, militare e mediatico. Chàvez pensa alla pace come all' unico modo per garantire il rispetto e la continuazione della vita dell' umanità , delle generazioni attuali e di quelle future. Pertanto, riferirsi alla pace come a un diritto inalienabile obbliga a ripensare alle strutture di potere costruite con il fermo proposito di garantire il cosiddetto establishment . Le aggressioni possono essere quelle delle bombe e dei missili, dei carrarmati e dei cannoni – come nel caso degli ingiusti e irrazionali interventi militari condotti in Iraq, Afghanistan e Libia – o possono dispiegarsi mediante altre tattiche: colpi di Stato, destabilizzazioni, guerre per procura e altri mezzi il cui fine ultimo è garantire lo status quo.

Sperimentiamo peraltro, in particolare in Venezuela, un tipico conflitto di quarta generazione, con il sostegno dei mezzi di informazione di massa i quali cercano di riposizionare nell’ immaginario collettivo quella che è di fatto una “rivoluzione dei ricchi”, concetto che dal punto di vista del senso e del significato della lotta per l’ emancipazione è surreale: visto che i ricchi non fanno rivoluzioni.

E allora. Da cosa parte questa forma peculiare di vedere, nel secolo XXI, i problemi causati dell’ impero, particolarmente in America latina e Venezuela ? In primo luogo, si tratta di riferirsi al sistema di pensiero e azione del presidente Chàvez, che ha permesso di decostruire realtà che parevano statiche per costruire nuovi concetti, categorie, spiegazioni. Siamo usciti dalla chiusura e dall’oscurantismo dove ci trovavamo e dove c’era spazio solo per il pensiero unico.

L’autrice analizza anche il collegamento fra il continente latinoamericano e quello africano, emblematicamente rappresentati da Chàvez e Thomas Sankara, due sognatori con i piedi per terra, fra i tanti paralleli, ricorda che Burkina Faso significa paese degli integri, paese dei degni, categorie che il presidente venezuelano ispirò al suo popolo: la dignità è ora assunta dai tanti che la storia aveva reso invisibili e ai quali aveva negato qualunque intervento da parte dello Stato. Oltre alle caratteristiche dei due uomimi che sfidarono il potere nella sua versione tradizionale, è interessante in particolare individuare i fattori comuni nell’ ispirazione ad uno sviluppo autonomo, partecipativo ed egualitario. Uno sviluppo che non obbedisce ai piani degli organismi finanziari internazionali. Uno sviluppo diverso da quello convenzionale.
Un altro elemento in comune fra i due presidenti è l’aspirazione a una società senza privilegi né oppressi. In Burkina Faso, paese impoverito all’ estremo, negli anni ’80 si assistette all’ impegno determinato per liberarsi dal giogo dei fattori di oppressione. Pochi anni separano la lotta di Sankara dalla comparsa visibile e pubblica – per non dire mediatica – di Hugo Chavez.
Una delle ragioni per le quali il presidente venezuelano stabilì un ponte nelle relazioni Sud-Sud fu il rafforzamento del Sud come paradigma: dar voce e presenza al Sud, dar potere al Sud come categoria e come prassi, forma di relazionarsi, vincolo fra simili che condividono comuni radici e rifiutano di legittimare un ordine unipolare, obsoleto. L’ America del Sud e l’ Africa devono formare una potenza, perché la loro unione, come diceva Simon Bolivar, contribuirà a creare l’ equilibrio del mondo. Così, il testo sottolinea una relazione Sud-Sud che nel passato era quasi inesistente, tanto brave erano state le potenze a dividere e frammentare…per annullare le possibilità di un’ integrazione fuori dal loro controllo.

Infine, l’ autrice sviluppa, a partire dai teorici dell’ ecosocialismo, una critica al modello capitalista il quale continua a ignorare i limiti imposti dalla natura. Il caso più emblematico nell’ attualità è il fenomeno del fracking (fatturazione idraulica per l’ estrazione di idrocarburi dalle rocce) negli Stati Uniti.

L’ ecosocialismo è agli antipodi della visione capitalista di produrre, consumare e assumere i rapporti di produzione, con i rapporti sociali attraversati da un modello che reifica l’ essere umano fino a ridurlo a merce. Una corrente teorica – l’economia ecologica – ha contribuito a smascherare la pretesa dell’ economia dominante di considerare natura ed essere umano come capitale. Per questa ragione l’ecosocialismo si è articolato con il vivir bien o buen vivir.
Risulta quindi molto opportuna la riflessione” Finché si continua ad estrarre dalla viscere della Terra tutto il petrolio possibile e anche di più, ci sarà mai un vero cambiamento del modello mondiale?” E' certo che quanto a impronta ecologica sul pianeta, esiste una responsabilità massima da parte dei paesi mal definiti del primo mondo, e una responsabilità minore da parte dei paesi mal definiti sottosviluppati o in via di sviluppo. Ma chi paga per le colpe ? La risposta è ovvia.

Il testo ci offre alcune indicazioni per analizzare il problema. L' allusione al piano Siembra petrolera non è casuale. Ricordiamo che nel 1936 l' espressione “seminare il petrolio” fu coniata dallo scrittore Arturo Uslar Pietri. Egli sosteneva la necessità di orientare la rendita petrolifera verso il settore non estrattivo dell' economia nazionale, mirando allo sviluppo integrale del paese. Si eviterebbe così quello che alcuni economisti hanno chiamato il morbo olandese, che si verifica quando un settore aumenta in modo sostanziale i suoi proventi ma questo penalizza gli altri settori dell' economia di un determinato paese.

Trisol invita a utilizzare questo saggio che contiene una serie di contributi essenziali per comprendere il pensiero e l' opera del presidente Hugo Rafael Chàvez Frìas.




Il ricavato dalla vendita del volume sarà inviato ai Fratelli Maristi di Aleppo per finanziare i loro progetti di pace.

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