venerdì 31 luglio 2015

Alterazione dell'ecosistema terrestre irreversibile - "10 miliardi per me posson bastare..."



I mutamenti climatici… Ne avevo parlato a maggio, prendendo le mosse
dalla pretesa (bugiarda) dell’Expo 2015 di elaborare una strategia per
“nutrire il pianeta”. Quella delle carenze alimentari, infatti, è una
delle tessere del mosaico del disastro ambientale che caratterizza i
nostri tempi. È una catena i cui anelli – semplificando al massimo –
sono i seguenti: sovrappopolazione, inquinamento, mutamenti climatici,
alterazioni dell’ecosistema, catastrofi ambientali (comprese
inondazioni e siccità), malnutrizione di intere popolazioni e
conseguenti spinte alle migrazioni (ma anche alle guerre per
assicurarsi risorse idriche e/o alimentari).

Il disastro ambientale è reale ed innegabile, e non è certo
un’invenzione di complottasti o di fondamentalisti dell’ecologia. I
segnali sono tanti, e gravissimi: il “buco nell’ozono”, lo
scioglimento dei ghiacciai, il surriscaldamento della crosta
terrestre, innanzitutto; ma anche i fenomeni climatici estremi che,
sempre più frequentemente, funestano intere regioni. La loro violenza
è crescente; uragani, tifoni e tornados lasciano ogni volta sul
terreno migliaia e migliaia di morti, devastano villaggi tropicali ma
anche grandi metropoli: ricordate intere isole delle Filippine
distrutte dall’uragano Hayan? e la più bella città degli Stati Uniti,
New Orleans, rasa al suolo dal ciclone Katrina?

Ci sono poi i fenomeni “minori” (che proprio minori non sono), molti
dei quali riguardano le zone temperate, quelle che – come il nostro
territorio – fino a qualche anno fa praticamente sconoscevano i
disastri ambientali. Mentre le api scompaiono in intere regioni (anche
per colpa di insetticidi sempre più devastanti), i pesci muoiono di
caldo (e non è un modo di dire) in alcuni specchi d’acqua italiani,
come recentemente nella laguna di Orbetello.

Poi c’è il caldo, il caldo asfissiante, torrido di questi giorni. Non
è un bel segnale; anzi, è decisamente un dato allarmante. Dal punto di
vista meteorologico, un aumento della temperatura di quasi due gradi
rispetto all’anno precedente (come quello registrato in questo mese di
luglio) non è un’anomalia, è un’enormità. Eppure, nessuno sembra
preoccuparsi eccessivamente: il Vispo Tereso scorrazza sui prati alla
ricerca di 50 miliardi, e i telegiornali scodellano – quasi con
compiacimento – afose immagini di turisti ansimanti e grondanti
sudore.

Solo il Papa sembra aver preso la cosa sul serio, al punto da aver
invitato in Vaticano 10 sindaci di 10 metropoli del mondo, per
invitarli a promuovere un cambiamento negli “stili di vita” che possa
propiziare un maggior rispetto ambientale. Nessuno tra i 10 invitati –
fra cui il giulivo sindaco di Roma – ha però ricordato al Pontefice
che causa prima dell’inquinamento ambientale è la forsennata crescita
demografica della popolazione mondiale, incoraggiata da quasi tutte le
Chiese e in primis da quella cattolica: nel 1950 eravamo 2 miliardi e
mezzo; ed oggi – ad appena 65 anni di distanza – abbiamo già superato
i 7 miliardi. Fra non molto, nel 2050 – dicono gli esperti –
toccheremo i 10 miliardi.

Ma il pianeta – checché se ne dica – non è in grado di assicurare
cibo, acqua e dignità ad altri 3 miliardi di individui.

Michele Rallo

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