La mia vita è una continua scoperta, un viaggio leggero, senza bagagli ingombranti. Tutto ciò che faccio, pur essendo estremamente significativo, è sempre nell’ambito dell’oggi, del carpe diem. Infatti non ho accumulato alcunché e se qualcosa è stata accumulata nel corso degli anni ho anche provveduto ad abbandonarla. Perciò non ho nulla da difendere e quindi il “mio campo” è un campo in cui crolli e cambiamenti, scavi e riempimenti avvengono in continuazione come natura comanda, con poco o nulla di mio intervento intenzionale.
Questo è un bene ed un male allo stesso tempo, dal punto di vista personale è un bene perché in tal modo non persiste attaccamento verso una specifica forma, ma è un male, dal punto di vista sociale, perché poco o nulla di costruito è a me riferibile…
Tanti anni fa, quando mi trasferii a Calcata, ebbi l'ispirazione di denominare un pezzo di terra di cui ero il custode “Tempio della Spiritualità della Natura”, un’idea buona anche per esaltare valori estetici naturali. Per il mio “tempio della natura” c'erano le premesse di una grande edificazione… ma –ahimé- c’ero anch’io e -come sapete- io amo “inneggiare ed evocare” ed anche "costruire" senza curarmi di conservare. Eppure solo ora quel "tempio" è veramente della Natura, ora che è abbandonato a se stesso e le sue strutture stanno pian piano sfaldandosi e ritornando alla madre terra.
Il tempio, me assente, è rimasto un terreno “lasciato agli impulsi spontanei creativi della natura e delle sue creature”.
Ma partendo da quel luogo ho appreso una nuova visione. La visione del bioregionalismo, dell'ecologia profonda e della spiritualità della natura applicati ad ogni luogo in cui mi trovo. Vivendo un diretto contatto con la natura, con gli animali, con le piante e con gli umani.
Non più uno specifico luogo fisico il Tempio della Spiritualità della Natura è diventato un approccio olistico, un incontro riavvicinato con il luogo, in modo da trarne un senso di appartenenza e di presenza. Teoricamente questo è un discorso ancora molto sentito in alcune comunità rurali originarie, come sicuramente fu anche la comunità contadina di Treia, ove ora porto avanti l'esperimento.
Paolo D'Arpini
Questo è un bene ed un male allo stesso tempo, dal punto di vista personale è un bene perché in tal modo non persiste attaccamento verso una specifica forma, ma è un male, dal punto di vista sociale, perché poco o nulla di costruito è a me riferibile…
Tanti anni fa, quando mi trasferii a Calcata, ebbi l'ispirazione di denominare un pezzo di terra di cui ero il custode “Tempio della Spiritualità della Natura”, un’idea buona anche per esaltare valori estetici naturali. Per il mio “tempio della natura” c'erano le premesse di una grande edificazione… ma –ahimé- c’ero anch’io e -come sapete- io amo “inneggiare ed evocare” ed anche "costruire" senza curarmi di conservare. Eppure solo ora quel "tempio" è veramente della Natura, ora che è abbandonato a se stesso e le sue strutture stanno pian piano sfaldandosi e ritornando alla madre terra.
Il tempio, me assente, è rimasto un terreno “lasciato agli impulsi spontanei creativi della natura e delle sue creature”.
Ma partendo da quel luogo ho appreso una nuova visione. La visione del bioregionalismo, dell'ecologia profonda e della spiritualità della natura applicati ad ogni luogo in cui mi trovo. Vivendo un diretto contatto con la natura, con gli animali, con le piante e con gli umani.
Non più uno specifico luogo fisico il Tempio della Spiritualità della Natura è diventato un approccio olistico, un incontro riavvicinato con il luogo, in modo da trarne un senso di appartenenza e di presenza. Teoricamente questo è un discorso ancora molto sentito in alcune comunità rurali originarie, come sicuramente fu anche la comunità contadina di Treia, ove ora porto avanti l'esperimento.
Paolo D'Arpini
bioregionalismo.treia@gmail.com
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