In verità i miei veri maestri nel campo agricolo ecologico non furono i "bioregionalisti" americani, quelli che hanno inventato il termine "bioregionale", ma sono stati quei ‘vecchi contadini’, prima di Calcata e poi di Treia, dai quali ho appreso alcune verità basilari sulla terra e sull’arte di trarne frutto senza danneggiarla.
Parlando di agricoltura ‘naturale’ vorrei fare l’esempio della cura rivolta alla prole, che si manifesta con l’incoraggiamento alla crescita e non con la coercizione, allo stesso modo poniamoci verso le risorse che madre terra offre.
In termini di approccio bioregionale verso le fonti di approvvigionamento alimentare ciò significa prima di tutto rendersi consapevoli di quello che spontaneamente cresce nel posto in cui si vive.
Questo iniziale processo di osservazione, o accomunamento alla terra, è necessario per scoprire quante erbe e frutti commestibili son già disponibili, cresciuti in armonia organolettica con il suolo e quindi esprimenti un vero cibo integrato per chi là vive. Lo stesso corso va applicato anche alla vita animale selvatica che condivide la presenza in equilibrio naturale.
Un'accurata analisi consente l’immediato utilizzo di cibo integrativo spontaneo per arricchire la dieta corrente, oggi limitata a poche specie coltivate (sia pure in modo biologico). Il passo successivo e quello di sperimentare l’eventuale inserimento nel terreno prescelto di piante coltivate che siano in sintonia o meglio delle stesse famiglie di quelle spontanee.
Questa graduale promozione ovviamente non può essere fatta con l’occhio distaccato di un botanico o di un tecnico agricolo ma va accompagnata da una reale presenza e compartecipazione al luogo, in modo da trarne occasione per un riconoscimento di appartenenza e condivisione (con la vita ivi presente) divenendo in tal modo noi stessi cooperatori della natura e suoi conservatori.
E’ una convergenza, una osmosi, che si viene pian piano a creare fra noi e l’ambiente ed è anche la base della produzione di cibo vero (per uomini veri) che non va però relegata alla sola categoria dei contadini ma vista come la premura di ognuno. E’ un atteggiamento di consapevolezza alimentare.
Infatti il mio consiglio è quello di intraprendere piccole coltivazioni casalinghe ovunque sia possibile, nel giardino dietro casa o sulla terrazza di un condominio, e di approfittare di ogni passeggiata per cogliere delle erbe commestibili, in modo da spezzare la totale dipendenza dal cibo fornito dal mercato, rendendoci così responsabili - sia pure in minima parte - della nostra alimentazione.
E’ un aspetto essenziale della cura per la vita quotidiana e della presenza consapevole nel luogo.
Paolo D'Arpini
Nell'orto di Treia
Commento di F.R.: “Riesci sempre a sorprendermi... scrivi bene e... razzoli male! sei sempre prodigo di buoni consigli e non metti mai in pratica...”
RispondiEliminaMia ripsostina: “Caro F.R., quello che ho scritto è esattamente ciò che ho messo in pratica, che ne sai tu di come si è svolta la mia vita? Hai visto solo qualcosa, sei stato presente un paio di giorni a Treia e non conosci null'altro, salvo quello che appare nel tuo metro di giudizio, come puoi giudicare? A Roma si dice "aripijate!"...”
Grazie Saulo ! Per il tuo armonico esempio
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