Di tanto in tanto, approfittando degli incontri con vari ecologisti, mi piace ritornare sul discorso della alimentazione in chiave bioregionale.
Avevo già affrontato il tema della differenza fra veganesimo e vegetarismo e carnivorismo , me ne sono occupato ripetutamente in vari articoli.
Il fatto è che noi bioregionalisti ed ecologisti, non possiamo trascurare la nostra matrice, la nostra appartenenza ad un contesto culturale, il nostro “discendere” da una famiglia frugivora e la nostra anatomia e fisiologia.
Però non voglio negare all’uomo un rapporto simbiotico con gli animali. Anni fa ero solito tenerli liberi in un grande terreno lasciando che si sfogassero come volevano per la loro sopravvivenza e riproduzione, limitandomi io a prelevare una parte di uova “abbandonate” ovvero non utilizzate per la cova o qualche po’ di latte di capra. Poi sopraggiunsero le volpi ed i cani e fecero strage, e dovetti rinchiudere capre, pecore, galline e papere ed oche superstiti in piccoli recinti, sempre però attaccabili da predatori di vario genere… Insomma senza la mia protezione e cura quasi nessuno sarebbe sopravvissuto.
Ricordo le ultime due galline che abbiamo ospitato nel nostro piccolo orticello di Treia, Caterina (la mia compagna) le acquistò in Emilia da un allevamento in batteria, si trattava di ovaiole a fine carriera che dovevano essere eliminate perché ormai "esaurite". Le due bestiole riconoscenti ebbero con noi un rapporto come animali da compagnia, ma questo non impediva che deponessero spontaneamente delle uova e che noi le mangiassimo, e pure con soddisfazione e riconoscenza.
Con i tempi che corrono le galline non potrebbero vivere in cattività, sarebbero totalmente sterminate dai tanti nemici naturali. Comunque… la natura è sempre giusta, se siamo in grado di accondiscendere alle sue regole ed a non intrometterci con le nostre “regole etiche e morali”… E’ una dura lotta verso la consapevolezza… ecologica profonda…
A me personalmente non piace che nuove specie vengano allevate in cattività, ma quegli animali in cattività, se sono tenuti con coscienza e amore almeno campano e si riproducono…
Dobbiamo imparare a convivere con gli animali in modo idoneo, senza trasformarli a nostra immagine e somiglianza (come spesso avviene con i pets), e senza sfruttarli per usi impropri ) come negli allevamenti industriali da carne e da latte e da uova)…
Ed allora avremo attuato un sano rapporto con essi, un rapporto che potremmo definire “ecologico” e “bioregionale”….
Con questo mio discorso vorrei essere chiaro circa il rapporto -secondo me- “ideale” (o se preferite “ecologico”) con gli animali e le piante.
La nostra schizofrenia e falso senso dell’etica ci porta a dividere gli animali in pets e animali da carne. Sono due categorie opposte, sono due modi scriteriati di rapportarci con gli animali. Noi stessi -tra l’altro- siamo animali, quindi abbiamo bisogno di avere un contatto con i nostri “fratelli e sorelle” di altra specie. Se è chiaro questo… allora comprenderete tutto il resto…
Non teniamo gli animali in gabbia (per sfruttarli fisicamente) e nemmeno nei divani (per sfruttarli psicologicamente).
Dobbiamo trovare quella "via di mezzo" che non sia sfruttativa (in un senso o nell’altro). Purtroppo la vita malsana in città ci porta a dover avere un rapporto con gli animali molto falsato, portandoceli in casa… oppure lasciandoli nel loro habitat (riserve naturali) dal quale noi stessi siamo esclusi (perché non più avvezzi a vivere nelle foreste od in natura).
Però se alcune specie di animali avvezzi alla cattività da tempo immemorabile venissero rimessi in libertà sarebbero destinati alla scomparsa, per via dell'eliminazione dal pianeta di un habitat idoneo (l’uomo occupa sempre di più ogni spazio vitale). Insomma andremmo verso un ulteriore impoverimento della biodiversità. Inoltre c’è il fatto che -dal punto di vista evolutivo- alcune specie di animali in simbiosi con l’uomo hanno trovato vantaggi nella cattività (sia per la diffusione, sia per l’avanzamento intellettuale e coscienziale).
Siamo tutti in una grande bolgia chiamata vita e non sta bene scindere gli uni dagli altri… No quindi allo sfruttamento incondizionato ma sì al contatto empatico. L’uomo da animale istintuale e raccoglitore di cibo sparso, si è trasformato in un lavoratore che ricava attraverso il suo ingegno cibo e modi di crescita.
La cosiddetta "civiltà" ha affrancato l’uomo dalla “bestialità” pur costringendolo a nuovi parametri di debolezza e alienazione. Ma sia nei rapporti fra esseri umani che nel rapporto con gli animali dovremmo trovare un modo “equanime” di poter esprimere il contatto e la collaborazione senza dover ricorrere alle perversioni (vedi esempi soprastanti) di un rapporto utilitaristico.
Avrete compreso che -a questo punto- il problema delle uova, del miele e del latte in sovrappiù, ha perso quasi completamente il suo significato “etico” originario.. Non è più un fatto di sfruttare dei poveri uccelli rubando loro le uova... etc. è un fatto di sopravvivenza generale della vita sul pianeta in un modo simbiotico, con opportuni aggiustamenti e con opportune riflessioni sui valori della vita stessa…
Siamo in una scala evolutiva che in parte noi umani abbiamo percorso, ci manca ancora molto per arrivare alla cima della comprensione, possiamo però aiutare coloro che sono ai primi gradini senza doversi vergognare… Sapendo che il loro bene è anche il nostro.
Il fatto è che noi bioregionalisti ed ecologisti, non possiamo trascurare la nostra matrice, la nostra appartenenza ad un contesto culturale, il nostro “discendere” da una famiglia frugivora e la nostra anatomia e fisiologia.
Dal mio punto di vista considero giusta una “via di mezzo” fra il carnivorismo ed il veganesimo. Ecco questa parola “via di mezzo” la trovo consona e corretta. Anche perchè occorre considerare l’anatomia umana e la sua componente genetica ed osservare come l’uomo si ponga a mezza strada tra un animale carnivoro ed uno erbivoro.
L’uomo era stato definito dall’anatomista Armando D’Elia “un animale frugivoro” assimilabile al gruppo che comprende la maggior parte dei primati, dei suini e degli orsi. Questi animali possono adattarsi, per motivi di sopravvivenza o di integrazione alimentare, ad una dieta che pur essendo massimamente vegetariana prevede anche l’uso di prodotti di origine animale.
Certamente questa dieta varia anche in base all’ambiente ed alla latitudine ed è suscettibile di aggiustamenti in un senso o nell’altro.
Io personalmente mi sono avvicinato al vegetarismo dopo una prima permanenza in India è lì appresi attraverso la mia esperienza diretta che questa “dieta” è conduttiva a stati mentali più leggeri, essa si definisce infatti “satvica”, ovvero “spirituale” od “equilibrata”. Questa dieta è basata su cereali, frutta, vegetali e prevede anche l’uso moderato di derivati del latte. Il miele è considerato quasi un medicinale e le uova compaiono raramente nelle pietanze solo in caso di necessarie integrazioni proteiche.
Ovviamente un sano rapporto uomo-animali non può essere basato sullo sfruttamento di questi ultimi. Infatti in India le vacche sono sacre e vengono trattate benissimo, i vitelli vengono lasciati alle madri sino al completo svezzamento e l’uomo si limita ad “appropriarsi” del sovrappiù del latte prodotto. Considerando che le mucche addomesticate da tempo immemorabile producono più latte di quanto necessario ai loro vitelli.
Se vogliamo restare esseri viventi in un contesto di altri esseri viventi non possiamo completamente escludere una complementarietà nei nostri rapporti con gli animali. La natura vive sulla vita, noi umani siamo frugivori ed i frugivori fanno un limitato uso di uova e di prodotti di origine animale, questo dice la loro “ecologia” fisiologica.
Certo oggigiorno vediamo che i consumi in tal senso sono aumentati enormemente soprattutto in seguito all’allevamento industriale. E per soddisfare il sistema consumista milioni di galline vengono tenute in batteria per le nostre uova… e milioni di mucche soffrono legate ai loro stabulari…
L’uomo era stato definito dall’anatomista Armando D’Elia “un animale frugivoro” assimilabile al gruppo che comprende la maggior parte dei primati, dei suini e degli orsi. Questi animali possono adattarsi, per motivi di sopravvivenza o di integrazione alimentare, ad una dieta che pur essendo massimamente vegetariana prevede anche l’uso di prodotti di origine animale.
Certamente questa dieta varia anche in base all’ambiente ed alla latitudine ed è suscettibile di aggiustamenti in un senso o nell’altro.
Io personalmente mi sono avvicinato al vegetarismo dopo una prima permanenza in India è lì appresi attraverso la mia esperienza diretta che questa “dieta” è conduttiva a stati mentali più leggeri, essa si definisce infatti “satvica”, ovvero “spirituale” od “equilibrata”. Questa dieta è basata su cereali, frutta, vegetali e prevede anche l’uso moderato di derivati del latte. Il miele è considerato quasi un medicinale e le uova compaiono raramente nelle pietanze solo in caso di necessarie integrazioni proteiche.
Ovviamente un sano rapporto uomo-animali non può essere basato sullo sfruttamento di questi ultimi. Infatti in India le vacche sono sacre e vengono trattate benissimo, i vitelli vengono lasciati alle madri sino al completo svezzamento e l’uomo si limita ad “appropriarsi” del sovrappiù del latte prodotto. Considerando che le mucche addomesticate da tempo immemorabile producono più latte di quanto necessario ai loro vitelli.
Se vogliamo restare esseri viventi in un contesto di altri esseri viventi non possiamo completamente escludere una complementarietà nei nostri rapporti con gli animali. La natura vive sulla vita, noi umani siamo frugivori ed i frugivori fanno un limitato uso di uova e di prodotti di origine animale, questo dice la loro “ecologia” fisiologica.
Certo oggigiorno vediamo che i consumi in tal senso sono aumentati enormemente soprattutto in seguito all’allevamento industriale. E per soddisfare il sistema consumista milioni di galline vengono tenute in batteria per le nostre uova… e milioni di mucche soffrono legate ai loro stabulari…
Però non voglio negare all’uomo un rapporto simbiotico con gli animali. Anni fa ero solito tenerli liberi in un grande terreno lasciando che si sfogassero come volevano per la loro sopravvivenza e riproduzione, limitandomi io a prelevare una parte di uova “abbandonate” ovvero non utilizzate per la cova o qualche po’ di latte di capra. Poi sopraggiunsero le volpi ed i cani e fecero strage, e dovetti rinchiudere capre, pecore, galline e papere ed oche superstiti in piccoli recinti, sempre però attaccabili da predatori di vario genere… Insomma senza la mia protezione e cura quasi nessuno sarebbe sopravvissuto.
Ricordo le ultime due galline che abbiamo ospitato nel nostro piccolo orticello di Treia, Caterina (la mia compagna) le acquistò in Emilia da un allevamento in batteria, si trattava di ovaiole a fine carriera che dovevano essere eliminate perché ormai "esaurite". Le due bestiole riconoscenti ebbero con noi un rapporto come animali da compagnia, ma questo non impediva che deponessero spontaneamente delle uova e che noi le mangiassimo, e pure con soddisfazione e riconoscenza.
Con i tempi che corrono le galline non potrebbero vivere in cattività, sarebbero totalmente sterminate dai tanti nemici naturali. Comunque… la natura è sempre giusta, se siamo in grado di accondiscendere alle sue regole ed a non intrometterci con le nostre “regole etiche e morali”… E’ una dura lotta verso la consapevolezza… ecologica profonda…
A me personalmente non piace che nuove specie vengano allevate in cattività, ma quegli animali in cattività, se sono tenuti con coscienza e amore almeno campano e si riproducono…
Dobbiamo imparare a convivere con gli animali in modo idoneo, senza trasformarli a nostra immagine e somiglianza (come spesso avviene con i pets), e senza sfruttarli per usi impropri ) come negli allevamenti industriali da carne e da latte e da uova)…
Ed allora avremo attuato un sano rapporto con essi, un rapporto che potremmo definire “ecologico” e “bioregionale”….
Con questo mio discorso vorrei essere chiaro circa il rapporto -secondo me- “ideale” (o se preferite “ecologico”) con gli animali e le piante.
La nostra schizofrenia e falso senso dell’etica ci porta a dividere gli animali in pets e animali da carne. Sono due categorie opposte, sono due modi scriteriati di rapportarci con gli animali. Noi stessi -tra l’altro- siamo animali, quindi abbiamo bisogno di avere un contatto con i nostri “fratelli e sorelle” di altra specie. Se è chiaro questo… allora comprenderete tutto il resto…
Non teniamo gli animali in gabbia (per sfruttarli fisicamente) e nemmeno nei divani (per sfruttarli psicologicamente).
Dobbiamo trovare quella "via di mezzo" che non sia sfruttativa (in un senso o nell’altro). Purtroppo la vita malsana in città ci porta a dover avere un rapporto con gli animali molto falsato, portandoceli in casa… oppure lasciandoli nel loro habitat (riserve naturali) dal quale noi stessi siamo esclusi (perché non più avvezzi a vivere nelle foreste od in natura).
Però se alcune specie di animali avvezzi alla cattività da tempo immemorabile venissero rimessi in libertà sarebbero destinati alla scomparsa, per via dell'eliminazione dal pianeta di un habitat idoneo (l’uomo occupa sempre di più ogni spazio vitale). Insomma andremmo verso un ulteriore impoverimento della biodiversità. Inoltre c’è il fatto che -dal punto di vista evolutivo- alcune specie di animali in simbiosi con l’uomo hanno trovato vantaggi nella cattività (sia per la diffusione, sia per l’avanzamento intellettuale e coscienziale).
Siamo tutti in una grande bolgia chiamata vita e non sta bene scindere gli uni dagli altri… No quindi allo sfruttamento incondizionato ma sì al contatto empatico. L’uomo da animale istintuale e raccoglitore di cibo sparso, si è trasformato in un lavoratore che ricava attraverso il suo ingegno cibo e modi di crescita.
La cosiddetta "civiltà" ha affrancato l’uomo dalla “bestialità” pur costringendolo a nuovi parametri di debolezza e alienazione. Ma sia nei rapporti fra esseri umani che nel rapporto con gli animali dovremmo trovare un modo “equanime” di poter esprimere il contatto e la collaborazione senza dover ricorrere alle perversioni (vedi esempi soprastanti) di un rapporto utilitaristico.
Avrete compreso che -a questo punto- il problema delle uova, del miele e del latte in sovrappiù, ha perso quasi completamente il suo significato “etico” originario.. Non è più un fatto di sfruttare dei poveri uccelli rubando loro le uova... etc. è un fatto di sopravvivenza generale della vita sul pianeta in un modo simbiotico, con opportuni aggiustamenti e con opportune riflessioni sui valori della vita stessa…
Siamo in una scala evolutiva che in parte noi umani abbiamo percorso, ci manca ancora molto per arrivare alla cima della comprensione, possiamo però aiutare coloro che sono ai primi gradini senza doversi vergognare… Sapendo che il loro bene è anche il nostro.
Questo vale per le piante, per l’aria, per le risorse accumulate sulla terra nei milioni di anni, per il nostro passato nella melma e per il nostro futuro nelle stelle. Per aspera ad astra!
Quindi non occorre decidere il da farsi sulla base di una ideologia (che sia essa vegana o religiosa), limitiamoci a seguire la coscienza sapendo che dove c’è sincerità automaticamente la verità prevale.
Ritengo che la morale e l’etica siano essenzialmente “astrazioni” e pertanto mi limito a seguire la via del cuore (in cui ciò che è consono appare e si manifesta senza sforzo)… Sento che in questa via tutto sia compreso…
Paolo D’Arpini
Ritengo che la morale e l’etica siano essenzialmente “astrazioni” e pertanto mi limito a seguire la via del cuore (in cui ciò che è consono appare e si manifesta senza sforzo)… Sento che in questa via tutto sia compreso…
Paolo D’Arpini
Informazioni alimentazione bioregionale
RispondiEliminaScrive Giuseppe Frigerio: “Ciao a tutti avete informazioni/relazioni su alimentazione biologica ed emissioni di CO2 visto anche la resa più bassa?” -
Risposta di Giuseppe Altieri: “Consiglio di leggere i miei articoli nella rubrica agroecology sul portale dei giornalisti d'inchiesta europei www.flipnews.org. La CO2 è l'ultimo dei problemi gli allevamenti industriali producono metano che ha effetti 50 volte maggiori nel surriscaldamento globale ed ossidi di Azoto con effetto 100 volte superiore alla CO2 oltre a devastare il pianeta con pesticidi e medicinali… Il biologico non produce CO2 né altri gas serra ed ha un bilancio positivo se applica le tecniche agroecologiche e non una semplice sostituzione degli inputs… che in ogni caso è sempre positivo...”