Considerazioni su chi comanda il mondo.
In un blog leggo: “Ce n’era un gran bisogno”. Era il commento di un noto economista italiano in merito a ciò che aveva scritto un’altra persona, da lui definita “antisistema”.
Si tratta della medesima persona, dottore, professore e chissà quant’altro, alla quale a suo tempo avevo chiesto se, a suo parere, il capitalismo era la miglior forma economica disponibile. Senza incertezza, né timore, aveva risposto affermativamente. E tutte le sue manchevolezze? Avevo ribattuto. Non c’è problema, per quelle, occorrono gli aggiustamenti necessari, aveva concluso.
Dall’origine del capitalismo, la ricchezza si è accentrata nelle tasche di pochi, le spese a suo sostegno si sono distribuite tra i più. A parte la prima fase, ancora – per modo di dire – a sfondo famigliare e, in qualche misura, leale, in cui il profitto non prevaricava la dimensione umana (tralasciamo sulle giornate di 12 e più ore di lavoro e le condizioni generali della classe operaia. Non eravamo già nel miglior sistema sociale possibile?), il sistema capitalistico, non ha che degradato il mondo, la cultura umanistica, il senso spirituale e quello etico. Non ha distribuito che scorie e alienazioni, nonché legittimato la violenza. L’assenza di un’etica a che altro porta? Non ha che depredato la terra e gli uomini.
In questa fase contemporanea, detta del capitalismo finanziario, ha lasciato alla concreta produzione e relativa – risicata – distribuzione della ricchezza soltanto la facciata, almeno per chi crede nelle favole. Denaro, lavoro e uomini sono mutati in personaggi di un racconto che i media, estensioni funzionali, strutturali e sostanziali del sistema capitalistico, spacciano agli ingenui che credono di vivere in una democrazia, che credono che il loro voto abbia un peso. Quale democrazia è possibile se la prima legge è quella del mercato? Se chi l’ha imposta e alimentata ora deve difendere la ricchezza accumulata? E per farlo distribuisce guerre come autolegittimato strumento per mantenere la pace? O ho capito male, egregio professore?
I potentati del capitalismo hanno talmente tanto denaro da poter possedere tutto. Si sono comprati la politica, se volessero – e di fatto lo stanno facendo – si potrebbero comprare interi stati, potrebbero avere il loro esercito e, nel caso, lo avranno, quando non riusciranno più ad impiegare quello apparentemente di altri. Che pecette possiamo porre a tutto ciò egregio dottore?
Ora che Russia, Cina, India, Pakistan, eccetera, da terzo mondo, sono divenuti concorrenti dai quali guardarsi, il capitalismo occidentale, dai costi esorbitanti rispetto a quello dei dirimpettai d’oriente, ha inscenato – sempre per il bene comune – il Great Reset. Un progetto imposto dagli esponenti intoccabili di una piccola parte della popolazione del mondo, che ha come fine primo proprio quello della riduzione dei costi di autosostentamento del capitalismo, al fine di far fronte a quello dell’est, di mantenere l’egemonia o il controllo del mondo, o di non sopperire. A tal fine si rende necessario evitare di spendere sui servizi sociali (privatizzazioni), di ridurre il costo delle pensioni (abbandono degli anziani e innalzamento dell’età pensionabile), quello del lavoro (precariato e immigrazione disposta a tutto pur di restare nel – secondo loro – paese del bengodi), e quello della censura ormai a scena aperta, della salarizzazione dei giornalisti, della realizzazione del mondo orwelliano a suon di spot h24 per vendere un mondo al rovescio. E, per ora, ci sono riusciti. Risparmi necessari ad implementare tutta la tecnologia (dipendenza e controllo), le forze armate (meno scuole, ospedali, servizi, manutenzione infrastrutture sociali), riduzione e controllo della popolazione mondiale, la cui quantità tende ad essere ingestibile, se non con la semina di paure, bisogni, vita a punti, obbedienze e zelanti devozioni; la cui complessità tende a generare autocombustioni (leggi mancanze di rispetto nei confronti del sistema) improvvise.
Suicidi, omicidi, rivolte, stragi, violenza, malessere esistenziale, nichilismo sono il prodotto del “miglior sistema del mondo”. Quello che, per chi non se ne è ancora accorto, va avanti sull’inerzia ben pasturata del consumismo di futilità e sulla fertile terra delle guerre, prima campi di battaglia, cioè rivendite di armi, poi campi di cemento, cioè ricostruzione, quindi campi di controllo ed espansione a est.
Fortunatamente, sempre nello stesso blog, ma da parte di una persona di tutt’altra stirpe rispetto al nostro noto economista progressista, si legge: “Negli anni Sessanta, Settanta, Ottanta molto spesso bastava una sola persona per mantenere una famiglia. Ora ne servono quasi sempre due, sottopagate”. Per tacere sul fallimento dell’Unione Europea, nient’altro che il figlio dannato di genitori materialisti, scientisti, capitalisti.
Esimio dottore, al contrario di quanto affermi, è proprio di te e di quelli come te che non se ne sentiva il bisogno. Quelli che siccome hanno in casa il frigorifero, la lavatrice, l’utilitaria per tutti e l’ospedale con la risonanza magnetica, inconsapevoli adulatori della tua stessa fede e ideologia, ti rispondono vai i Cina allora. O in Russia, adesso. Grazie a questi, la curva umanistica della vita, non ha fatto che scendere. Molto si poteva fare ma l’opulenza e l’edonismo, due carte del mazzo capitalista, hanno imbambolato il senso comune e l’individualismo, un’altra sua carta, l’ha annientato.
Ora stiamo precipitando tutti, anche quelli abbracciati al televisore, alla villetta e alla poltrona. E anche loro, progressisti in testa, e i loro sodali in cima alla piramide. Molti di questi ultimi cadranno in piedi. E con bel sorriso imbonitore e modi gentili, dopo aver abbruttito e svenduto valli, coste e pianure, venderanno tutto ciò che resta loro ai musi gialli – business is business – in cambio di qualche cammello battriano sul quale saranno comunque ancora in sella, galoppini del nuovo padrone. Ce n’era un gran bisogno.
Lorenzo Merlo
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