sabato 19 gennaio 2019

Fagiano comune, ma non tanto …


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Stamane al risveglio ho sentito diverse volte il tipico verso del fagiano, il suono emesso era talmente potente che ho pensato fosse appena dietro la siepe del mio giardino (un fagiano ha un suono talmente forte e acuto che si può udire fino a un chilometro di distanza), ho quindi supposto fosse nel frutteto del vicino, a una ventina di metri di distanza, quindi oltre la siepe e la recinzione.

Con mia somma sorpresa affacciandomi dalla finestra del bagno al primo piano ho potuto ammirarne l’imponente presenza nel mio giardino, al di qua della siepe e della recinzione e non meno di dieci metri di distanza. Aveva deciso di venire a farmi visita, stava beatamente in posa immobile osservandomi bello pasciuto, un esemplare di straordinaria bellezza e dimensione (un paio di kg, probabilmente) e nemmeno la presenza a pochi metri della mia cagnolina intenta ai suoi bisogni fisiologici, lo ha minimamente turbato. E li è rimasto per un quarto d’ora finché non è sparito senza emettere versi e rumore alcuno, almeno non udibile dall’interno della casa, cosa peraltro strana, perché quando prendono il volo sono piuttosto rumorosi, a causa delle lor dimensioni.

Sebbene il nome popolare sia di “fagiano comune”, la definizione trae in inganno, perché di comune come avvistamento non lo è affatto.

Questo esemplare era un Phasianus colchicus di rara purezza e integrità, cioè un fagiano senza il tipico collarino bianco al collo. Dopo aver letto questo breve articolo forse porrete maggiore attenzione e vi accorgerete che quando ne avvistate uno quasi certamente noterete il collare bianco al collo, perché sono quelli prevalenti negli allevamenti a scopo venatorio (voliere apposite definite fagianerie), perlopiù “Mongolia o mongolico” oppure “Torquato” o “Formosano” (di Formosa) provenienti originariamente dalla Cina, frutto di innumerevoli ibridazioni locali che ha prodotto meticci di tutti i  i generi, ormai non classificabili. 

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Il colchico invece è ormai a tutti gli effetti da ritenersi autoctono, in quanto importato dai romani oltre 2000 anni fa dai territori da cui prese il nome, tra il Mar Nero e il Mar Caspio, lungo il fiume Phasis (attuale fiume Rion, che nell’antichità diede il nome all’omonima città situata presso la palude del Paleostom), nella leggendaria Colchide (Caucaso), nella quale secondo la mitologia greca vivevano le Amazzoni guerriere ed era la destinazione della spedizione degli Argonauti che guidati da Giasone si riproponevano di riconquistare il vello d’oro.

Anche un semplice avvistamento di un esemplare di fauna selvatica può ispirare un approfondimento tematico di natura storico culturale. Nulla avviene per caso e tutto è correlato e interconnesso, siamo noi che dobbiamo porre attenzione e trarre ispirazione da ogni singolo evento, anche se apparentemente marginale e poco significativo, distogliendoci dalle nostre incombeste materiali.

In quarant’anni di vita, una metà dei quali vissuta nella vigilanza volontaria istituzionale altamente qualificata, mi sarà capitato solo un paio di volte di avvistare un fagiano colchico, perché delle centinaia di osservati, sia a terra che in volo, erano tutti col collare bianco al collo, oppure femmine, che a causa del fortissimo dimorfismo sessuale sono completamente diverse e mimetiche col terreno, con il loro piumaggio marrone. La distinzione delle specie nelle femmine (troppo simili tra loro) è praticamente impossibile all’osservatore comune, difficoltoso persino per un ornitologo esperto.

Quindi è solo tramite il variopinto e splendido colore del piumaggio dei maschi che possiamo distinguere le varie specie e sottospecie.

L’esemplare avvistato, seppur anch’esso di sicura provenienza d’allevamento, per le sue dimensioni belle pasciute, è molto probabilmente di quelli geneticamente con forti tracce originarie, che lo hanno facilitato nell’adattamento all’habitat antropizzato, favorendolo nella lotta per la sopravvivenza, nonostante la pressione venatoria e antropica che rende loro la vita alquanto difficile. Per questo non definisco un semplice fagiano, quello che mi ha recato visita stamane.

Claudio Martinotti Doria

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