sabato 16 gennaio 2021

“L’economia della ciambella” di Kate Raworth - Recensione




In “L’economia della ciambella”, Kate Raworth propone un modo radicalmente diverso di pensare all’economia che serve a rimuovere le nostre convinzioni che non riescono più a leggere la nuova realtà che ci circonda.


Questa opzione può essere possibile solo in virtù di un profondo impegno, un’innovazione ecologica inclusiva e del coinvolgimento diretto dei cittadini, attraverso nuovi modelli di pianificazione e progettazione. Inoltre è importante definire obiettivi nel lungo periodo e la mobilitazione di appositi strumenti imprenditoriali e finanziari, strumenti di decarbonizzazione che non siano solo socialmente accettati, che abbiano pure forti elementi di giustizia sociale. 

Kate Raworth immagina un passaggio radicale sotto molteplici aspetti nell’urgenza di un cambio sistemico, per trovare un nuovo equilibrio tra i limiti delle risorse della terra e la soddisfazione dei bisogni vitali, anche nelle fasce di popolazione più svantaggiate e che prende il nome dalla forma del diagramma circolare che ne deriva. Secondo l’economista, questa prospettiva nasce dalla necessità di ripensare un’economia in forma circolare, anche in ambito cittadino, consentendo di chiudere i cicli e di rigenerare le risorse, a partire dalla valorizzazione delle cosiddette infrastrutture verdi e blu, come gli orti condivisi, i boschi urbani e i corsi d’acqua, nel tentativo di trovare un compromesso tra sostenibilitàsociale e ambientale. 

Si tratta di un cambio di prospettiva in una città che diventa multicentrica che prevede la capacità di facilitare la connessione tra quartieri e di integrare elementi naturali, in modo da offrire un ambiente di elevata qualità ad una distanza percorribile a piedi, incoraggiando la mobilità attiva e la capacità dei cittadini di relazionarsi e auto organizzarsi nel vicinato. 

Uno degli aspetti più innovativi, previsto in questo tipo di trasformazione urbana, è la formazione delle cosiddette comunità energetiche, in cui i cittadini si riuniscono in associazioni di produttori-consumatori di energie rinnovabili. 

Eppure le democratizzazione del sistema energetico, come anche il passaggio a una città, intesa come bene comune, in cui i cittadini si sentano davvero coinvolti in un cambiamento che ha un ritorno soprattutto a livello ecologico e sociale, non sono immediati. 

E non interessa che questo progetto si fermi a livello accademico o di alcune elite: abbiamo bisogno che entri dentro al cuore delle città, rivalutando il protagonismo sociale e rendendo chiari a tutti i benefici d’un tale coinvolgimento. la costituzione di una pianificazione partecipata dai cittadini, non è possibile senza un’idea di città che cambia i propri paradigmi, il che significa anche, soprattutto in questo periodo, puntare sulla possibilità di creare un reddito dignitoso da elementi a basso impatto, rivalutando, ad esempio, gli aspetti culturali e sociali e il loro contributo all’economa delle città. 

Fedinando Renzetti - ferdinandorenzetti@libero.it


(Fonte notizie: Wikipedia, Google, Il Manifesto)

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