giovedì 16 settembre 2021

Le proposte della Rete Bioregionale Italiana per una legge nazionale sull'Agricoltura Contadina.

In previsione dell'incontro nazionale per la Campagna dell'Agricoltura Contadina, previsto a Mondeggi il 17 settembre 2021 (*) come Rete Bioregionale Italiana reiteriamo le nostre proposte, come a suo tempo presentate ai coordinatori della Campagna.



Innanzitutto sarebbe necessario identificare quelle attività agricole portate avanti da famiglie o singoli individui, che potrebbero non essere soggette a vincoli burocratico-sanitari e fiscali. 
 
Tra questi “attori”, a nostro parere, potrebbero essere compresi “operatori” che, in primis, producono per il proprio fabbisogno, il proprio sostentamento e quello della propria famiglia, in secondo luogo, dato che è impensabile che si possa produrre, in ambito agricolo, tutto quello che necessita, hanno una modesta  produzione eccedente il fabbisogno domestico, che non può essere però oltre ad una certa quantità o valore economico, e che viene “scambiata”, anche con l’utilizzo di denaro, con altri piccoli produttori locali. Il tutto dovrebbe avvenire all’interno della “bioregione” o al territorio che comprende il comune in cui l’attività insiste ed i comuni limitrofi (ad esempio).
 
La commercializzazione potrebbe magari avvenire anche all’interno di uno o più mercati contadini, sempre considerando il basso volume di affari e le località della medesima zona identificata per gli scambi in modalità “baratto”.
 
L’allevamento eventuale di animali dovrebbe comunque rispettare le regole igienico-sanitarie e di benessere degli animali, considerando che quello che si fa per sé, per ovvie ragioni, dovrebbe sempre essere prodotto rispettando requisiti igienici e di rispetto degli animali, anche se questi produttori potrebbero non essere inseriti nei piani di controllo delle AUSL, (servizi veterinari), purché il numero degli animali risulti al di sotto di quelli che per le normative regionali e nazionali vengono considerati “autoconsumo”. Per quanto riguarda l’alimentazione degli eventuali animali, così come non si può pensare che tutti gli alimenti per uso umano vengano autoprodotti, così anche per gli animali, sarebbe previsto di poter “scambiare” con produttori della zona, piccole quantità di integrativi.
 
Da tutto ciò risulta che difficilmente una “famiglia contadina” potrebbe “campare” solo con questo sistema. Qualche ulteriore entrata monetaria dovrebbe essere necessaria, se non altro per le spese in utenze domestiche, rifornimento energetico (per gli automezzi, anche agricoli), assicurative, sanitarie, previdenziali (?).
 
Tra le proposte avanzate  in passato dalla Rete Bioregionale Italiana, relativamente alle caratteristiche di aziende contadine  che rispondano ai requisiti dell’ecologia profonda, c’era  l’istituzione di un albo di aziende  o famiglie contadine che non sfruttassero gli animali. Si potrebbe  individuare una nicchia di aziende  in base a un criterio  di rispetto per la vita animale e partendo dall’insieme di tutte le aziende agricole sia piccole che grandi, in quanto una azienda agricola può essere rispettosa dei criteri  dell’ecologia profonda  anche se di dimensioni grandi mentre  un’azienda di grandi dimensioni  non farebbe parte della campagna per l’agricoltura contadina di piccola scala che stiamo portando avanti. 
 
La proposta ha un suo risvolto etico interessante e al fine di non limitarla potrebbe essere oggetto di un altro settore della campagna per l’agricoltura bioregionale contadina che prenda in considerazione tutte le aziende agricole senza vincoli di dimensioni e fra queste individuare la nicchia di quelle che rispettano i principi ecologisti, con  definizione delle specializzazioni produttive…
 
Risultando essenzialmente individuabili in: 
1) aziende esclusivamente agricole; 
2) aziende agricole con piccole incidenze di allevamento bestiame per latte ed uova e concimi; 
3) aziende agricole massimamente indirizzate all’allevamento bestiame (pastorizia ed affini) per vari usi.
 
Comunque sia andrebbe sempre  considerata la ecologizzazione  del processo lavorativo, cioè utilizzare risorse locali, in linea con l’ecologia di carattere bioregionale, meno impattanti possibile sull’ambiente. Per ogni azione che si fa, per ogni risorsa che si usa e per ogni prodotto che si ottiene ci si deve chiedere: è questo il sistema più ecologico per avere questo bene? E’ la produzione di questo bene necessaria?
 
Paolo D’Arpini, Portavoce RBI
e Caterina Regazzi,  Referente per il rapporto Uomo Natura Animali




Nessun commento:

Posta un commento