Vorrei soffermarmi sul crescente culto del privato e la conseguente esclusione sociale nelle società occidentali.
Raramente si pensa a quanto questa tendenza influisca sul rapporto tra l’uomo e la terra che lo ospita.
Perché è ancora e sempre la relazione tra l’uomo e il suo territorio che modella le pianure, che costruisce infrastrutture, che disegna le città, che determina le risposte che l’agricoltura fornisce alle domande del mercato. E se il rapporto è deteriorato, se prevale un concetto di terra come risorsa da sfruttare con investimenti immobiliari, allora sarà difficile riaffermare il ruolo centrale che la terra ha avuto sempre nelle società di tutti i tempi e di ogni latitudine.
Innanzitutto la terra va conosciuta, percorsa, riscoperta. Proviamo ad accompagnare un cittadino qualsiasi fuori dalla sua casa.
Immaginiamo una villetta nel cuore della campagna veneta, brianzola o dell’Olgiata. Insomma, in quella vasta villettopoli che è ormai diventata la campagna italiana. Un uomo di mezza età contempla soddisfatto la sua bella casa, di proprietà. Lui lavora tutta la settimana, sta a casa solo il sabato, le domeniche, le sere. Esce di rado perché in generale è stanco di andare in giro e vedere gente, e se ne vuole stare a casa con la famiglia.
E poi perché dovrebbe uscire? Ha la sua città in casa, con tutte le comodità. Ha la macchina per fare il pane che fa da panificio, quella per il gelato, lo yogurt, il caffè come al bar senza andare al bar, ha i croissant surgelati che lievitano al microonde e il Bimbi che fa la crema, una pasticceria domestica.
Ha l’officina in garage, idraulico ed elettricista nella cassetta degli attrezzi a più piani. E la macchina per fare i pop corn per il film. Non va in friggitoria perché ha la friggitrice; non va in gelateria perché compra la crema al supermercato; ha lo stadio nel decoder, e lì trova anche il cinema con la programmazione di un multisala e le dimensioni dell’home theatre; non va in edicola perché ha Alice free. C’è un parco giochi nella sua Play Station, c’è un supermarket tra il frigo e il congelatore. Ha il Wellness Center nella vasca con idromassaggio. Non va dal fotografo perché stampa le foto in casa. Non va in giardino a stendere i panni perché ha l’asciugatrice. Non viaggia perché guarda Licia Colò che viaggia.
Difficilmente, se tutti ci chiudessimo in casa e la considerassimo il nostro solo habitat vitale, il rapporto con il mondo che ci sta intorno potrà essere sereno.
E difficilmente si diffonderà una cultura di rispetto e valorizzazione collettiva della terra come bene comune.
Con una conseguenza: il dis-investimento progressivo da parte dell’amministratore della cosa pubblica sugli spazi comuni, sulle attività aggregative, sulla con-vivialità che sta alla base della convivenza civile e di ogni cambiamento sostenibile.
Ecco un primo passo per abitare il territorio in modo consapevole: portiamo il nostro amico fuori casa, torniamo con lui a scoprire e vivere la terra.
Che sia il parchetto sotto casa o il cugino che vive in campagna, che sia una passeggiata o un giro in bici, o il pic nic, che sia una delle numerose aree naturali protette (riserve, parchi, oasi, che occupano circa il 10,5 per cento del nostro territorio nazionale) o le fattorie didattiche, l’azienda agricola o quella agrituristica.
Uscire di casa è già un lungo passo per riscoprire la terra.
Fulvio Di Dio
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