Nel governo del "cambiamento" l'ennesimo elemento di divisione è la canapa. Il M5S e frange del PD vorrebbero legalizzarne la vendita, mentre la Lega e FdI vorrebbero inasprire le pene per la coltivazione e per l'uso. Queste posizioni schizoidi si ripercuotono anche a livello di polizia e di magistratura, ove in certi casi si è troppo di manica larga o -al contrario- si persegue una politica repressiva.
Tempo addietro persino il vescovo di Macerata, monsignor Nazzareno Marconi, è entrato a piè pari nella diatriba "canapea", appoggiando una politica "repressiva". Quest'odio dimostrato dal presule verso una innocente pianta, coltivata dall'uomo (anche nelle Marche) per secoli e millenni per le sue qualità, mentre egli tace sui problemi delle sostanze legali, vendute con il bollino dello stato (alcol, tabacco, gratta e vinci, tranquillanti chimici, etc.), mi lascia pensare...
Sulla canapa occorre far chiarezza, in sostanza essa è una pianta come le altre ma di usi molteplici e di grande utilità ecologica, quindi si raccomanda alle istituzioni la soluzione più naturale, ovvero la libertà di coltivazione in piena terra.
Finché la canapa bioregionale non potrà ritornare libera nei nostri campi e giardini, assieme a tutte le altre erbe medicinali, alimentari e di varia natura, non potremo mai attuare una sana ecologia botanica. Mentre la legalizzazione della “cannabis”, ad elevato tasso di cannabinoidi, porterebbe lo stato a spacciare una sostanza alterata conducendo ad un ulteriore indebolimento della società, soprattutto del mondo giovanile.
La soluzione quindi è la totale liberalizzazione della coltivazione della canapa bioregionale, con sementi non trattate a basso tasso di cannabinoidi. Questo -tra l'altro- porterebbe ad un ritorno alla terra, vista la necessità di produrre alimenti biologici e le numerose possibilità alternative d'uso della canapa, in tutti gli ambiti (produzione energetica, materie plastiche, biomasse, disinquinamento dei terreni, edilizia, tessile, alimentare, etc.).
Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana
P.S. Per approfondire la comprensione dell’argomento trattato. La coltivazione della canapa sativa è consentita con l’acquisto delle sementi nei consorzi, sementi “trattate”. La suddivisione della canapa in “famiglie” separate è del tutto artificiale. Per quanto riguarda la canapa la famiglia è unica, le piante maschio e femmina possono incrociarsi né più né meno come un aborigeno australiano può incrociarsi con una donna eschimese. La canapa bioregionale italiana ha caratteristiche diverse dalla cannabis indica. E nell’articolo si parla di canapa bioregionale. La quantità di cannabinoidi contenuta nella canapa originale coltivata in Italia è di molto inferiore alla quantità contenuta nella canapa coltivata in India. Anche se le piante di canapa indiana crescessero liberamente in Italia dopo poche generazioni perderebbero la quantità di cannabinoidi originale per uniformarsi alle quantità delle piante bioregionali italiane. (P.D’A.)
P.P.S. Per fugare eventuali dubbi dei lettori faccio presente che non sono consumatore in alcun modo di droghe o sostanze tossiche, né di vino, superalcolici o tabacco, ma la battaglia che sostengo ha il solo scopo di salvaguardare la natura e la vita sul pianeta...
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