Quando una persona, in apparenza in buona salute, viene colpita da una grave malattia o addirittura da morte, coloro che sono convinti che la nostra salute, la nostre malattie e la nostra stessa morte non dipende dal nostro stile di vita si sentono incoraggiati a continuare a vivere in modo non conforme alle leggi biologiche, a consumare cibi spazzatura, a non fare attività fisica, ad essere pessimisti nei confronti della vita… Il concetto che da questi viene ribadito in queste circostanze è “Non centra nulla cosa si mangia: c’è chi muore giovane in piena salute, magari facendo dello sport e chi invece mangiando quello che vuole e magari fumando un pacchetto di sigarette al giorno e campa fino a 90 anni”.
E’ vero, ma è l’eccezione non la regola. Sicuramente una tal persona, di fibra indiscutibilmente forte, invece di campare 90 anni sarebbe vissuto fino a 110 se avesse adottato uno stile di vita più conforme alle regole naturali. Uno su mille che può avere la fortuna di vivere così a lungo mentre il restante 999 ha le stesse probabilità di subire malattie e morte prematura come avviene per la stragrande maggioranza della popolazione che non tiene conto del suo stile di vita. Per queste persone le probabilità di conservare la salute e di vivere a lungo sono le stesse di una vincita al lotto: è come pretendere di far funzionare un apparecchiatura senza tener conto delle regole riportate sul libretto delle istruzioni.
C’è anche chi è convinto, fatalmente, che la data della nostra morte è già stabilita e che non è possibile mutare il corso degli eventi: un modo per tentare di sottrarsi alla responsabilità di essere artefici del male che ci auto procuriamo. Io credo che ognuno costruisce il proprio destino, che siamo noi stessi a determinare la nostra buona salute (a parte fattori genetici che però incidono in modo relativo) e che la data della nostra morte la stabilisce la sommatoria delle nostre azioni contrarie alle leggi naturali: poche trasgressioni poche malattie e pochi anni in meno di vita, molte trasgressioni molte malattie e molti anni in meno di vita.
Se un animale destinato a nascere nella foresta, a vivere libero tra spazi illimitati, a respirare aria pura e a cibarsi del cibo a lui adatto per specie, viene invece fatto nascere in una metropoli, a vivere in spazi angusti, a respirare aria inquinata e a mangiare cibo non adatto alla sua specie, non occorre essere dei geni per capire che la sua vita sarà inevitabilmente più breve e flagellata da malattie. Ma se quell’animale nonostante le aggressioni al suo organismo riesce a vivere a lungo non è la norma: è l’eccezione. E tu forse non sei l’eccezione ma la norma.
Se uno adotta una dieta onnivora e riesce a vivere a lungo è l’eccezione non la regola. Se uno che non sa nuotare si butta in acqua e riesce a salvarsi non è la norma è l’eccezione. Se uno è indifferente all’uccisione di un animale, alla sua violenza, alla sua tortura ma è capace di essere sensibile e compassionevole verso gli esseri umani è l’eccezione non la regola. Se uno si rifiuta di capire che gli animali sono suoi stretti compagni di viaggio e parenti familiari ma però dimostra intelligenza nelle scienze matematiche, chimiche, filosofiche, spirituali, è l’eccezione non la regola. La regola è che gli esseri umani, per loro natura fruttivori, crudisti, vegetariani, sono stati programmati dalla natura per vivere in ambienti naturali, a cibarsi in modo conforme alle loro esigenze chimico-biologiche, a muoversi continuamente, a respirare aria pulita, a bere acqua pura, a non subire stress psicofisico, a curare lo sviluppo mentale, la componente emotiva e spirituale allo stesso modo del corpo; se tutto questo non avviene è come progettare a benzina il motore di un’automobile e poi pretendere che funzioni bene anche a gasolio.
La chimera, l’illusione, l’utopia accarezzata dall’uomo è quella di poter vivere nel vizio, avvelenandosi con carnami, con prodotti di sintesi, di drogarsi, fumare, consumare alcolici, zuccheri e prodotti raffinati, di doparsi… insomma, vivere contro natura ma pretendere di vivere a lungo e possibilmente in salute. I kamikaze della forchetta, i dissacratori del buon vivere, quelli che si arrampicano sugli specchi per giustificare le proprie convinzioni e difendere ad ogni costo la propria bistecca, fanno sempre riferimento non alla drammatica realtà della massa debole, malaticcia e destinata all’obitorio, ma allo sporadico eccezionale singolo individuo che nonostante le sue scelleratezze alimentari riesce a vivere senza grosse malattie fino a tarda età: che è come correre contromano sull’autostrada e restare indenni.
Si pensa che la malattia, i tumori, cancri, gli infarti siano incidenti che colpiscono gli altri. In genere coloro che sono poco avvezzi alle regole del giusto vivere pensano: “Una fettina al giorno, un pezzo di pollo, un pesce, una fetta di prosciutto, di insaccato o di mortadella; oppure 10 sigarette al giorno, tre caffè, una coca cola, due pasticcini, che vuoi che sia non può nuocermi ed infatti mi sento bene, in forma”, che è come cadere dal decimo piano e ad ogni piano pensare “fin’ora tutto bene”. Raramente gli effetti sono immediati, più spesso sono a lunga scadenza, ma puntuali ed inesorabili: prima o poi la natura ci presenta il conto da pagare (e spesso esige anche gli interessi) e se questo succede per il corpo succede anche per la coscienza e per la mente dal momento che le tre componenti sono tra loro inseparabili. Quindi, conviene essere veg, per forza o per amore.
Franco Libero Manco
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