giovedì 12 settembre 2013

La vita, o la realtà oggettiva, osservata dalle diverse specie viventi




Filosofia indica amore, o amicizia, per il sapere (filos = amico, sophia = sapienza), benché esistano piuttosto la filosofia i filosofi e dunque le filosofie, loro saperi.

Possiamo distinguere tra loro le filosofie naturali e quelle antropiche, segnalando con ciò coloro che si occupano del sapere relativo alla natura, e coloro che studiano il sapere riguardante gli esseri umani, sottoinsieme proprio della natura (la quale va identificata, invece, con l'esistente, o universo).

Tipici esempi di filosofi naturali sono gli scienziati, il cui oggetto di studio è tutto l'osservabile, tipici esempi del secondo gruppo sono i filosofi in senso classico, tradizionale, studiosi del pensiero dell'uomo.

La distinzione tra i due gruppi è naturalmente sfumata, non da una linea di confine bensì da una zona sfumata nella quale i due generi di saperi si intersecano mutuamente.

Tuttavia lo scienziato, o filosofo naturale, attribuisce grande valore al metodo galieliano di verifica sperimentale delle osservazioni fenomenologiche che devono costituire l'unico vero criterio di accettazione o rifiuto di ogni tesi avanzata. Ciò genera conoscenze che risultano non "oggettive" (termine estremamente equivoco, data la presenza ineliminabile del soggetto umano all'origine della serie di strumenti utilizzati per le osservazioni), tuttavia perlomeno intersoggettive, valide per tutti coloro che accettano le informazioni fornite dagli strumenti artificiali (non possiamo osservare i fenomeni attraverso il corpo e la mente di un altro soggetto, purtuttavia possiamo entrambi osservare le informazioni fornite dallo stesso microscopio).

Più problematica, in questo senso, la posizione dei filosofi classici, o antropici, i cui metodi di ricerca e analisi del vero vanno, secondo i casi, dal confronto con la fenomenologia osservabile nelle azioni del mondo a quello del mero confronto del pensiero con il pensiero.

Questo ultimo metodo, nel quale l'attività mentale osserva e analizza sé stessa (indice del fatto che una parte del pensiero osserva il rimanente pensiero) produce conoscenze sugli uomini in quanto esseri distinti, poiché il sistema di riferimento viene ad essere soggettivo, e non necessariamente intersoggettivo.

 Riguardo la dicotomia apparente tra unità e molteplicità vale osservare che non esiste inerentemente (di per sé stesso) l'albero, non esiste individuabile alcun confine reale di separazione tra l'oggetto albero e l'oggetto nonalbero, esiste solamente la realtà convenzionale del concetto "albero" definita dal pensiero discriminante.

Ogni molteplicità è unicamente conseguenza dell'attività discriminante che la crea, si tratta dunque di una creazione mentale, un atto del pensiero.


Secondo i pipistrelli, ad esempio, esiste una ben diversa molteplicità della medesima unità in cui noi esistiamo.


Tat Tvam Asi, Sarva Mangalam.

Vincenzo Zamboni

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