giovedì 10 novembre 2022

Terremoti, trivelle (e Meloni). Serve un cambio di paradigma...

"L'Italia è sempre stata  soggetta a movimenti tellurici ed indebolirla ulteriormente creando squilibri ctoni non può che peggiorare la sistuazione..." 

Centredestra prima si opponeva alle trivelle ora le vuole


I terremoti che si susseguano soprattutto nell'Italia centrale, si possono imputare anche alla  subsidenza negativa della costa ed all'instabilità della  zona appenninica  interna?

Certo che sì.  
La crosta terrestre si muove per conto suo, ma viene influenzata dagli interventi umani. Se si preleva acqua x acquedotti  e si scavano profondi  pozzi artesiani,  o si estrae  gas e petrolio sulle coste,  aumentano  i  problemi di abbassamento  dei suoli e si disturba l'assestamento dei piani rocciosi sottostanti. Di conseguenza aumenta il numero dei sismiSpariscono decine di metri di spiaggia, ogni anno, e  migliaia di campi diventano salati, quindi inservibili per l'agricoltura.



Il terremoto, che nei giorni 8, 9,10 di novembre 2022 (con magnitudo 5.7 ed oltre) ha colpito il Centro Italia, ha rappresentato per noi ecologisti profondi un pretesto per suonare un campanello d'allarme. Abbiamo approfittato delle scosse sismiche per cercare di dare uno scossone all'ignavia politica ed alla speculazione legata all’estrazione di gas e petrolio dal sottosuolo italiano.

Appena uscita la notizia delle scosse, avvertite nelle Marche (ma anche in Romagna e in Abruzzo), siamo corsi a denunciarne le possibili ragioni e conseguenze, allertando il governo Meloni sui rischi in corso, anche in seguito alle scelte dell'esecutivo  che si è espresso favorevolmente alla liberazione di «nuove estrazioni di gas italiano», dichiarando di puntare a nuove concessioni. Ma la Terra si ribella alle nuove trivelle e il terremoto si scatena nell'Adriatico.

Estrarre gas e petrolio dalle coste adriatiche non è solo un consumo parossistico ed uno spreco di risorse non rinnovabili, ma un sovvertimento artificiale delle placche tettoniche dell'area e delle falde sotterranee, anche per il pericolo di subsidenza, ovvero l'abbassamento dei suoli. 

Da tempo i vari governi che si sono succeduti negli ultimi anni hanno tentato in tutti i modi di favorire le trivellazioni, con concessioni che sono andate perlopiù alle Sette Sorelle (e non alla Nazione). Ora in seguito alle sanzioni contro la Russia e alle difficoltà di approvvigionamento di idrocarburi si vorrebbe prosciugare la nostra residua ricchezza fossile per tamponare una crisi causata dalla cattiva gestione politica. Come mangiarsi una mano per sfamarsi un solo giorno. 

Occorre cambiare registro: abbassare i consumi energetici, utilizzare al massimo le fonti rinnovabili, tornare alla moderazione, interrompere il meccanismo consumista che distrugge ogni risorsa e riempie la terra di immondizie e veleni.

Ci vuole tanto a capire, per come siamo messi, che non si può più continuare su questa strada? Serve un vera gestione “conservatrice” ma non come la intendiamo oggi in funzione politica di destra, bensì una funzione di mantenimento delle possibilità di vita dell'ecosistema tutto: piante, animali ed uomini compresi.

Paolo D'Arpini  - Rete Bioregionale Italiana






Nota aggiunta: "Sono le trivelle il leitmotiv delle  prime decisioni del governo Meloni, la quale peraltro al referendum del 2016 si schierò contro le perforazioni, assieme a oltre l’85% dei votanti. Se, con una bacchetta magica, estraessimo tutte le riserve di gas, sia quelle certe che quelle “probabili”, avremmo poco più di un anno di autonomia. Gli 80 gigawatt di rinnovabili, in termini energetici, valgono ben di più di questa quantità di gas teorica, darebbero molta più occupazione e ci aiuterebbero a costruire il nostro futuro energetico.  La linea anti-rinnovabili, invece, è sempre stata legata agli interessi dell’Eni che le vede come un pericolo per il proprio mercato (del gas). La politica energetica italiana ha seguito da sempre gli interessi dell’Eni." (Rete Ambientalista)

1 commento:

  1. Integrazione: "Sono le trivelle il leitmotiv delle prime decisioni del governo Meloni, la quale peraltro al referendum del 2016 si schierò contro le perforazioni, assieme a oltre l’85% dei votanti. Se, con una bacchetta magica, estraessimo tutte le riserve di gas, sia quelle certe che quelle “probabili”, avremmo poco più di un anno di autonomia. Gli 80 gigawatt di rinnovabili, in termini energetici, valgono ben di più di questa quantità di gas teorica, darebbero molta più occupazione e ci aiuterebbero a costruire il nostro futuro energetico. La linea anti-rinnovabili, invece, è sempre stata legata agli interessi dell’Eni che le vede come un pericolo per il proprio mercato (del gas). La politica energetica italiana ha seguito da sempre gli interessi dell’Eni." (Rete Ambientalista)

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