Sin dalla fondazione della Rete Bioregionale nel 1996 ad Acquapendente ed in tutti gli altri incontri ho sempre cercato di inserire la comprensione del necessario abbassamento dell’uso carneo nella dieta ecologica, soprattutto in considerazione del livello di inquinamento e sfruttamento della terra in conseguenza dell’allevamento industriale.
Tra l’alto c’è da considerare che nell’ecologia “umana”, sulla base degli studi di anatomia comparata e sulle ricerche fatte sui residui coprologici dei nostri padri, risulta evidente che l’uomo non è assolutamente carnivoro, bensì frugivoro, esattamente come le scimmie antropomorfe ed i maiali, significa che i frugivori hanno una alimentazione fondamentalmente senza carne (al massimo un 5 o 10 % di prodotti di origine animale ivi compreso il latte materno), per cui se vogliamo fare un discorso “ecologico” non possiamo prescindere da queste considerazioni.
Vorrei augurare il naturale mantenimento in vita a tutti gli altri esseri viventi senza che la loro esistenza debba corrispondere ad una esigenza, intendendo con ciò che anche gli animali hanno pari dignità umana e pur comprendendo il “discorso tecnico” sulla sostenibilità di allevamenti biologici, e sulla utilità dei prodotti di origine animale, non me la sento di sottoscrivere un discorso prettamente funzionale e giustificato dalla compatibilità ecologica.
Vorrei che questo tipo di ragionamenti si sciogliessero al sole di una consapevolezza più ampia, in una convivenza di uomo natura animale in cui non debba necessariamente esserci una scala gerarchica ed un uso. Anche se un allevamento è eco-compatibile, la parola stessa “allevamento” -sottintendendo l’utilizzazione degli animali allevati (per non dire “sfruttamento”)- non mi sembra una bella parola e non denota quella giustizia e libertà che noi tutti ci auguriamo per l’esistenza di ognuno di noi, vi pare?
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