Finché l’alternativa è tra resa e vittoria, tra l’una e l’altra, e tra gli uni e gli altri, non esistono compromessi né mediazioni. Per cercarli – e per trovarli – bisogna cambiare orizzonte, uscire dalla logica del tutto o niente, capire e accettare che al di fuori della guerra c’è tutto un mondo possibile. Un mondo fatto dalle vite di chi combatte, da quelle di chi subisce i bombardamenti, da chi vede distrutti i risultati di anni di lavoro, da chi per via della guerra non ha più né casa, né salute, né un corpo tutto intero, né uno, alcuni o tutti i suoi cari, i suoi parenti, i suoi amici, un futuro.
Ma non è tutto: ci sono intere città e monumenti distrutti che non potranno venir ricostruiti nemmeno nel giro di una o più generazioni – lo abbiamo già visto settant’anni fa – acque e fiumi avvelenati da esplosivi, combustibili e sostanze sfuggite dai loro depositi, paesaggi devastati, campi pieni di mine nascoste, di buche scavate dalle bombe, di trincee, terrapieni e barriere di ogni genere, di rottami di veicoli e di armi distrutte e abbandonate. Campi che non potranno più essere arati, né seminati, né produrre un raccolto e un reddito per chi li coltivava, ne cibo per chi lo aspettava. Poi, una scia di odi, tanto più forti quanto più si prolunga la guerra, tra persone che fino a ieri si consideravano connazionali, o vivevano e lavoravano fianco a fianco, o erano amici, o anche parenti, ora divisi da confini che non si potranno più attraversare e che nessuno avrebbe mai voluto.
E se oggi l’assurdità della guerra con cui Ucraina e Russia si contendono una terra che stanno devastando da anni, le distruzioni e l’avvelenamento inferti al piccolo territorio di Gaza e alle vite e alla salute fisica e mentale dei suoi tantissimi abitanti rendono evidente a tutto il mondo che cosa comporta, per chi ci vive o ci viveva, contendersi un territorio.
È verosimilmente alla luce di queste considerazioni elementari, e di altre, che papa Francesco, unico tra i Grandi della Terra – ma anche tra molti dei tanti minuscoli che si pretendono Grandi – continua a chiedere e a ingiungere di negoziare, cioè di uscire dalla logica della guerra, dall’alternativa tra vittoria e resa. La bandiera bianca non significa resa, ma non sparate perché io non sparo. Cessiamo il fuoco!
Ma negoziare non si può se non avvolgendo all’indietro il nastro del tempo, cercando onestamente di capire come si è arrivati a tutto questo. Vale per l’Ucraina come vale per Israele.
Stralcio di un appello per la Pace di Guido Viale
Fonte: Comune Info
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