No, con l'inglese non me la cavo molto bene... :-)
Io, Paolo parlo male ogni lingua e di questo soffro molto, dall'Italiano all'inglese, al francese e a seguire...
Oggi, tornando a casa mi è capitato di leggere in merito un meraviglioso pensiero di Schopenhauer che mi ha disarmata, uccisa, e generato in me consenso, nonché la medesima aspirazione: "Certo Goethe afferma che il dialogo da ancor maggior sollievo della luce.
[...]
I miei pensieri e il modo in cui comunicarli sono una questione che mi sta molto a cuore.
Dunque, per ora e per chissà quanto altro tempo l'incapacità che sento di poter parlare mi costringe a tacere...
Non disprezzo il silenzio, eppure vorrei saper dare voce ai pensieri che scorrono in tutti i miei sensi... a volte per dargli vita altre volte per metterli definitivamente a tacere...
Questo è il potere che in me assume la Parola... Forse l'unico vero desiderio-necessità più alto di ogni mia capacità.
C'è anche un altro pensiero sempre di Arthur che mi ha fatto sorridere, e quasi legittimamente lo decontestualizzo da una massima che inizia dicendo: "La macroscopica differenza tra gli esseri simili a me e gli altri..."
"Deve qui essere all'opera un destino propizio che apparecchi a una natura straordinaria circostanze straordinarie".
Scrivere non significa parlare, come specchiarsi non equivale a comprendersi.
Perchè, la parola essendo considerata tra le prime forme di comunicazione, non è più o non è mai stata considerata dall'uomo come l'effettivo sesto senso del reale?
...Forse non significa nulla, eppure significa tutto...
La parola credo sia legata al quinto chakra come a una sorta di ottava dimensione... La cui realizzazione forse sarebbe il corrispettivo di una sorta di armonia cosmica in cui tutto è corrisposto e si corrisponde...
Eppure... Bisogna necessariamente contare alla rovescia.
8.7.6.5.4.3.2.1. (sola/solo)
Particolare da La primavera, Sandro Botticelli 1475-1478
...Prenderò un pò di tempo per leggere il testo in inglese (http://www.circolovegetarianocalcata.it/2012/04/11/lay-spirituality-and-freedom-of-thought-by-paolo-darpini/) ma potresti tradurmelo nella lingua che meglio potrei comprendere?
Grazie Paolo
Buoni giorni
Noemi Longo
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Mia rispostina: "Noemi, quello che scrivi è perfettamente comprensibile.. ed anche saggio. Ogni tuo messaggio è una sorta di poesia visiva.... sei una vera artista concettuale -si dice così- "futurista".
Ma lasciami dire qualcosa di Schopenhauer, un filosofo che per altro molto piacque ai religiosi che in lui vedevano un “giudicatore del creato”, un moralista che sapeva distinguere fra bene e male, che conosceva il significato di raggiungere un traguardo: “.. se uno correndo tutto i giorno, giunge a sera, può dirsi soddisfatto. Ebbene, ora ce l’ho fatta, il crepuscolo della mia vita diventa l’alba della mia fama” (Senilia pag. 84 del manoscritto originale del 1856).
Egli si definiva nelle sue memorie uno “sprezza-uomini” uno che disprezzava la stupidità umana apprezzando per contro la sua intelligenza personale.
Questo orgoglio intellettuale separativo è sicuramente poco “laico” ed infatti la sua “arte di conoscere se stessi” è tutta rivolta alla conoscenza della “persona” come entità avulsa dal contesto, un’individualità “prescelta”, evidentemente da dio. E questo atteggiamento piacque molto ai dottori della chiesa che -anch’essi- si sentono “benedetti” e privilegiati e protetti per la loro fede in dio (per altro cieca).
Ma dal punto di vista della realtà assoluta sia la persona che la creazione possono manifestarsi “progressivamente” solo nell’ambito della durata, essendo il concetto dell’esistenza spazio temporale puramente figurativo, non ha cioè vera sostanza essendo un configurarsi di eventi costruiti e proiettati nella mente.
Perciò nella visione della assoluta Esistenza-Coscienza la persona e la creazione “appaiono” simultaneamente all’osservatore (il Sé) rivelandosi nello svolgimento apparente dello scorrere del tempo nello spazio. La manifestazione è di fatto un semplice riflesso nella mente del percepiente che riesce a captarla ed elaborarla “fermando” il fotogramma, passo dopo passo nella coscienza.
Quel singolo fotogramma (persona e creazione) è in realtà una forma momentanea, all'interno della totale manifestazione, che -sia pur sempre presente nella sua interezza assoluta- viene illuminata dalla coscienza individuale, vista con l'occhio nella mente e srotolata nel contesto denominato “processo del divenire”.
Da ciò se ne deduce che la descrizione di una persona e dei suoi ipotetici risultati è relativa ed illusoria tanto quanto la visione “creazionista” (in quanto emanazione di un dio separato). Con buona pace del filosofo Schopenhauer e di tutti i preti suoi estimatori.
Paolo D'Arpini
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