sabato 28 aprile 2012

Spiritualità Laica - Le religioni senza Dio e l'esempio del Taoismo

Chi vede cosa?


La Spiritualità Laica è la prima forma di riconoscimento spirituale nell’uomo, che affonda le sue radici nello psichismo naturalistico, nell’intuizione analogica,  nelle espressioni sacre della coscienza prima dell’avvento di ogni religione.

Naturalmente è  possibile individuare  in alcune pseudo  religioni del passato questa “spiritualità naturale” priva di dogmi, di libri sacri e di preghiere.

Sono realmente esistite nell’evoluzione del pensiero umano almeno  tre forme “pseudo-religiose”  prive del concetto di un “Dio creatore” personale ma che mantengono la verità di un’unica matrice per tutte le cose. Questa matrice  è definita Tao o  Senza Nome, nel taoismo; Brahman o Assoluto Non-duale nell’Advaita;  Sunya o Vuoto nel buddismo.

In precedenza mi sono occupato sovente dell’Advaita e del Buddismo, sento ora giunto il momento di parlare un po' più estensivamente del Taoismo,  talvolta descritto come  la “dottrina degli umili o dei semplici”, ed in tal senso il termine “laico” abbinato a tale sentire mi sembra estremamente consono. Infatti il significato originario di laico è proprio “semplice, umile,  fuori da ogni contesto ordinativo  sociale e religioso”.

Il padre riconosciuto di questa “filosofia di vita”  fu Lao Tse.  Cominciamo con il dire che nel pensiero di Lao Tse troviamo quella condanna dell’orgoglio e del raggiungimento, fondamentale in ogni spiritualità laica.  Sullo stesso filone si pone anche  il pensiero di Nisargadatta Maharaj,  saggio laico advaita…. ma anche nel proto-cristianesimo si può avvertire  un simile intendere, ad esempio nelle parole riferite a Gesù: “Tutto ciò che è eccelso fra gli uomini è abominazione dinanzi a Dio”. 

L’orgoglio, questa follia di grandezza ascritta all’individuo,  è semplicemente un’illusione dell’uomo… poiché di fronte al Tao ogni grandezza umana è da considerarsi nient’altro che vana. E qui si comprende anche  la causa sottile della  differenza ideologica tra  Confucianesimo e Taoismo,  ma di questo argomento magari parleremo in una prossima occasione.

Nei detti di  Lao Tse spesso e spesso ritroviamo la disapprovazione dell’orgoglio e del criterio di raggiungimento personale e ciò in virtù della legge di concatenazione dei contrari, l’alternanza dello Yang e dello Yin che è la manifestazione cinetica del Tao. Infatti allorché la forza Yang, attiva, trova il suo culmine automaticamente è sospinta verso il suo contrario Yin, passivo. 

La punizione per l’orgoglio è quindi in Lao Tse una sorta di legge naturale. “Un gran vento -egli dice- non può durare più dello spazio di un mattino. Una bufera cessa col giorno. L’armata gloriosa non vincerà in eterno. L’albero elevato sarà abbattuto”  Egli spiega nel Tao Te King  come l’orgoglio stesso sia il presagio della caduta: “Colui che si alza sulla punta dei piedi non sta ritto.  Colui che marcia a passi gloriosi non farà un lungo cammino. Colui che si esibisce non brilla.  Colui che si esalta è senza onore. Colui che si prevale del suo talento è senza merito.  Colui che fa pompa dei suoi successi non vi si mantiene.  Questi sono per il Tao eccessi di nutrimento  e umori superflui.  Tutto ciò che è sotto il Cielo ne prende nausea. E l’uomo del Tao non rivolge loro nemmeno uno sguardo!”

Questa legge fondamentale non impedisce però a Lao Tse di mantenere un atteggiamento equanime e corretto  nei confronti delle cosiddette “vie del mondo”.  “La via del Cielo –egli dice- toglie all’eccedente per compensare il mancante ma la via degli uomini meschini toglie all’indigente per aumentare il ricco” . La via del Cielo, dirà successivamente Lie Tseu (un altro taoista), è la via dell’umiltà e la via degli uomini meschini è quella dell’arroganza.  Simile concetto viene espresso  nel Libro dei Proverbi, annunciando la caduta di Babilonia: “L’arroganza precede la rovina e l’orgoglio precede la caduta”.

Ma la disistima  per l’orgoglio e la considerazione per l’umiltà  non esauriscono la “dottrina” taoista.  Lao Tse considera il Tao una sorta di Madre che genera, nutre e protegge tutti gli esseri dell’universo.  In verità  è difficile affermare se il Tao “è”  o “non è”. Nella metafisica del Tao la kenosi originaria è priva di ogni sostanziale processo,  forma  o sostanza. Ne consegue che agli occhi del nostro pensiero determinista  la “pienezza” del Tao appare simile al “vuoto”.  Il Tao è visto come un abisso senza fondo e ciò non dimeno esso dà origine a tutte le cose, un vortice caotico da cui sorge ogni armonia.

Quindi se il vero Tao  al nostro percepire determinista  appare  come un nulla, che per noi  corrisponde alla corsa verso il vuoto del sé,  esso contemporaneamente segna il ritorno beato  nella  matrice silenziosa, che attira  e proietta  l’esperienza del pensiero  empirico  e poi lo riassorbe nel nulla da cui proviene.  Questa kenosi del Tao procede per sua propria natura e non presuppone alcuna volontà creatrice o distruttrice. E da qui si comprende la non  valutazione taoista per un Dio personale.

Paolo D’Arpini


Paolo D'Arpini che guarda in alto


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Di questo e simili temi se ne parlerà durante l'Incontro Collettivo Ecologista del Solstizio Estivo 2012.


Commento di Maurizio: "Quando si parla in termini di Religioni il discorso dovrebbe essere di più ampie vedute perché investono un problema cosmico e rappresentano un "adattamento" a secondo dello spazio e del tempo. In questo ritengo sempre il Guenon una vera autorità in materia. Effettivamente però, scendendo su di un piano profano e materiale, le religioni monoteiste, che presuppongono un essere onnipotente a immagine antropomorfa, quando eleggono questo Dio ne conseguono due iatture, non solo per la natura per per tutti gli esseri umani. Gli invasati di questo Dio, infatti, non si limitano ad adorarlo per cazzi loro, ma pretendono che tutti gli esseri della terra gli si sottomettano e non avranno altro Dio. Per far questo, ovvio, non rifuggono dall'uccidere e torturare. Si, una vera iattura"

Mia risposta: "Quelle che si definiscono religioni "monoteiste" in verità sono tali solo nel senso che riconoscono come unico il loro dio.. quello che hanno immaginato. Ciò vale per ogni religione. Succede con Javè, Allah e Dio padre. E nel loro nome si compiono le peggiori efferatezze. Secondo me il guaio di una religione, che presuppone un dio creatore, è che si definisce in tal modo una "differenza" fra "creatore e creato" e quindi una scala gerarchica, che dal punto di vista taoista non esiste, in quanto ogni cosa è il risultato dell'energia TAO, nelle forme Yin (passivo) e Yang (attivo).. e non può esservi scissione in ognuna delle sue manifestazioni, né diversità di valore. Ogni cosa brutta o bella è sempre complementare, completativa, e pienamente integrata nell'Insieme, nell'intero"

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Commento di Enrico Galoppini:  "Secondo me qua ci si sta addentrando in terreni di cui si ha scarsa se non nulla competenza...
Per "competenza" intendo la familiarità con l'oggetto dela discussione.
Avete mai almeno sentito parlare del Sufismo? Il Sufismo, in ogni sua espressione è islamico al 100%, e non è - come hanno affermato vari "esperti" (sempre dall'esterno) - un qualcosa di aggiunto all'Islam, proveniente dall'esterno; bensì, né più né meno, un "approfondimento" degli stessi riti e dello stesso credo validi anche per coloro che si mantengono ad una adesione più "esteriore".
Il problema credo sia piuttosto il pericolo insito nello scambiare per il tutto, per il massimo della profondità possibile, la "lettera" del messaggio, senza concepire che si possa andare più in profondità. Di qui l'ulteriore pericolo dell'"esclusivismo".
Se ci si dà la pena - anche da esterni - di leggere i testi dei più famosi maestri del Sufismo ci renderà conto di quanto allo stesso tempo essi fossero e "musulmani" e, per la massa più o meno attaccata alla "lettera", apparentemente "non musulmani". Di quanto essi avessero (ed hanno, poiché il Sufismo è ancora una realtà attiva ed operante che coivolge molte più persone di quante si creda) un rispetto ed un amore profondo per la "natura": tant'è vero che anche gli odierni maestri incitano i loro seguaci a... curarsi solo con metodi naturali, a vivere stabilmente nella natura e, addirittura, col minimo possibile di "tecnologia".
Dio, comunque, o come lo volete chiamare, l'Origine del tutto, è uno solo; e su questo punto hanno trovato un punto d'incontro sia tutti gli "illuminati" di ogni tradizione che le popolazioni che, prima dell'irrompere della "modernità", sapevano convivere, rispettarsi e, addirittura, venerare gli stessi "santi" e riunirsi insieme per pregare (v. l'India e il Vicino Oriente islamico).
Se poi aggiungiamo che alla fine, nel Sufismo (che, lo ricordo, è islamico al 100%), si sostiene che "bisogna ridursi ad uno zero per comprendere che Tutto è uno"... beh, non vedo quale di quale "pericolo" andiamo parlando.
Piuttosto, si deve rifuggire dal "riduzionismo", dall'"esclusivismo", sempre frutto dell'"incomprensione" che per non mostrare la propria bancarotta si attacca alla "lettera". Lo si vede all'opera un po' dappertutto, oramai, dalle nostre parti con il "fondamentalismo dell'Occidente" e nei paesi islamici con l'avanzata di movimenti che, guarda caso, appena prendono il potere, cominciano a vessare gli "esoteristi" (gli aderenti al Sufismo, insomma) e a devastare i loro santuari, considerati alla stregua di superstizione".



Mia risposta:  "Caro Enrico, apprezzo il tuo intervento. Il sufismo è la corrente islamica che più si avvicina alle forme trascendenti di spiritualità non duale. Si può giungere al Non-dualismo attraverso varie vie, la vetta è uguale per tutti. Dipende dalle simpatie personali e dalle propensioni. Evidentemente tu hai una tendenza all'ascetismo mistico. Pur che anche nel sufismo sono stati espressi concetti "gnostici" e non-dualistici molto avanzati (vedi Rabia) e -tra l'altro- la lettura dei poemi di Rumi ce ne fornisce un valido esempio.  Il fatto che si possa giungere all'Uno seguendo una qualsiasi religione pone però la necessità di abbandonare il credo religioso il momento che si vuole penetrare ed essere compenetrati dall'Uno, sostituendo il "credere" con la diretta esperienza  La strada è utile per giungere al Tempio ma bisogna lasciarla per entrarci.
Dal punto di vista della "spiritualità sociale" (religiosa) -comunque-  il sincretismo è vantaggioso come pure lo è l'abbandono di ogni dogmatismo. Ciò non esclude la continuità di partecipazione alla "forma esteriore" (spirituale) più consona ad ognuno di noi. E ciò vale anche per i seguaci delle religioni monoteiste, che hanno visto sorgere al loro interno "santi" e "saggi"  totalmente liberi da senso separativo. Per cui il tuo approccio è sicuramente valido, per te stesso o per chi come te sente, nella fiducia e nella sincerità e nella onestà di "percorso".
Ripeto qualcosina che il buon Giorgio Vitali, in altro contesto, ha affermato: "ognuno per sè.. e dio per tutti". Ove per Dio si intende il Tutto che in tutti è presente.

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Nota Artistica aggiunta da Noemi Longo: Due realizzazioni diverse di Tao, inavvertitamente visibili, manifestazione terrena del Reale di un reale accessibile a tutti... realizzato.
Così vi vedo.
Questo è Tao.

 

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