giovedì 1 febbraio 2024

Piovono rane? No piove microplastica...

 


Sono piccolissime ma sembrano davvero inarrestabili: le microplastiche (che arrivano a 5 millimetri) e le nanoplastiche (fino a 100 nanometri) arrivano dagli scarti plastici degli oggetti di uso quotidiano, dai pile ai glitter passando per i rivestimenti industriali, e oggi sembrano essere davvero dovunque. Disperse nell’ambiente, entrano facilmente nella catena alimentare: ingerite da uccelli e animali marini, arrivano poi anche nel corpo umano. Frammenti di microplastiche sono infatti state trovate nei polmoni nel cuore, nel sangue e nella placenta umana

L’ultima scoperta è che le microplastiche sono arrivate a intaccare perfino le nuvole e, in qualche modo, a farne parte, modificandole. I ricercatori che hanno fatto la scoperta sono arrivati fino alle cime dei monti Fuji e Oyama per prelevare campioni dell’aria umida che compone le nuvole che avvolgono le montagne in quota, in zone incontaminate.

Le analisi hanno rilevato che nelle nuvole erano presenti ben 9 tipi di polimeri comuni e un tipo di gomma con dimensioni comprese fra 7,1 e 94,6 micrometri. In pratica ogni litro di acqua comprendeva anche frammenti di microplatica raggruppati nelle nubi con una densità variabile, da 6,7 a 13,9 per litro.


Una “pioggia di plastica”?

Le microplastiche, rilasciate ogni anno a tonnellate nell’ambiente, sembrano quindi aver conquistato anche il cielo, trasportate dal vento fino ad altezze impensabili. Le cime dei monti giapponesi a quelle altitudini infatti non sono interessate dall’attività

umana e neanche da turismo o sport. Per i ricercatori la loro presenza sulle nuvole indica che le microplastiche si spostano, trasportate dal vento, proprio grazie alle loro dimensioni ridotte, che le rendono molto più mobili: probabilmente arrivano dagli oceani, tristemente noti propri per il massiccio inquinamento da plastica smaltita o comunque arrivata in mare.

Quel che è peggio è che le microplastiche secondo i ricercatori non sono affatto delle presenze statiche ma degli inquinanti che tendono a cambiare aspetto e che, degradandosi in tempi veloci, diventano ancora più pericolose per l’habitat e per gli esseri viventi.

Fra le microplastiche presenti nelle nuvole, infatti, sono moltissime quelle idrofiliche, che cioè tendono a combinarsi con l’acqua: i raggi ultravioletti del sole le modificano rapidamente e rendendo la loro superficie più porosa e rugosa e finiscono per “legarle” ancora di più alla componente acquosa delle nubi. Il risultato? Le microplastiche dalle nuvole tendono a ritornare al suolo sotto forma di dannosa “pioggia di plastica”: una ”plastic rainfall” che danneggia la salute e dell’uomo e di tutti gli altri esseri viventi perché diventa parte di quello che mangiamo e beviamo.

In più sembra che le microplastiche cambino la forma stessa delle nuvole che aumentano di volume e numero diventando quasi delle “isole di plastica” simili a quelle avvistate negli oceani...


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