giovedì 17 settembre 2015

CNR: "Le aree urbane incrementano l'effetto serra"

I ricercatori dell’Istituto di biometeorologia del CNR hanno pubblicato i risultati di una ricerca che conferma l’associazione tra elevate temperature urbane ed effetti sulla salute della popolazione più soggetta, soprattutto anziani, sviluppando mappe che mostrano rischio da caldo generalmente concentrato nelle zone centrali e nelle città costiere

190-15 - La città che scotta

Ricercatori dell'Istituto di biometeorologia (Ibimet) del CNR hanno sviluppato, per le più popolose città Italiane, delle mappe ad alta risoluzione relative alla distribuzione spaziale del rischio diurno e notturno da caldo urbano per la popolazione anziana (soggetti di età superiore a 65 anni). I risultati di questo studio sono stati recentemente pubblicati sulla rivista PLOS ONE.

Le città incluse nello studio hanno tutte più di 200 mila abitanti: cinque città del nord (Milano, Padova, Torino, Bologna e Genova), due del centro (Firenze e Roma) e quattro del sud (Bari, Napoli, Palermo e Catania).

Secondo lo studio dei ricercatori Ibimet, gli effetti del caldo sulla salute sono ormai confermati da abbondante letteratura. Numerosi studi epidemiologici, infatti, hanno dimostrato in varie parti del mondo, una robusta associazione tra effetti a breve termine delle elevate temperature e la salute della popolazione in generale ma soprattutto quella di specifiche categorie di soggetti considerati come “a maggior rischio”.

Gli effetti del caldo hanno mostrato gli impatti maggiori sui soggetti anziani e soprattutto sulle persone che vivono in ambiente urbano: un recente studio americano ha stimato un aumento del 3% dei ricoveri ospedalieri di soggetti anziani (di età superiore a 65 anni) nei successivi 8 giorni seguenti condizioni di caldo estremo.

In ambiente urbano l’effetto termico è amplificato dal tipico fenomeno di origine antropica noto con il termine di “isola di calore urbana” (dall’inglese Urban Heat Island). Tale fenomeno, caratterizzato da aree urbane cittadine molto più calde rispetto a quelle periferiche o rurali circostanti, è determinato dal maggiore accumulo di calore durante il periodo diurno (favorito soprattutto dalla eccessiva cementificazione e elevata presenza di superfici asfaltate nelle città) e dal successivo rilascio del calore durante la notte per irraggiamento. È infatti, proprio durante le ore notturne che il fenomeno dell’isola di calore è particolarmente intenso, con differenze tra le zone centrali e rurali che, nelle nostre città, possono anche essere superiori a 5 °C (Fig. 1). In città di grandi dimensioni tali differenze possono essere anche più marcate, superando i 10 °C.

isola di calore notturna estiva di Bologna.
Fig. 1: Isola di calore notturna estiva di Bologna.

 
I ricercatori dell’Istituto di Biometeorologia del CNR svolgono ormai da molti anni ricerche in questo ambito, studiando soprattutto le complesse dinamiche che determinano le variazioni termiche spaziali in ambiente urbano e valutando i potenziali effetti che tali anomalie microclimatiche possono avere sulla salute della popolazione e in particolare sui soggetti più vulnerabili.
I motivi per i quali c’è grande interesse verso questo tipo di ricerche sono molteplici:
  1. In conseguenza al fenomeno del riscaldamento globale (global warming), forti impatti del caldo sono previsti proprio nelle aree urbane. Questo è dovuto al fatto che il fenomeno dell’isola di calore urbana intensifica ulteriormente un’ondata di calore, con conseguenze dirette per la popolazione residente in città. Basti pensare che superfici di colore scuro (come l’asfalto delle strade) possono raggiungere temperature di oltre 10 °C rispetto alle zone circostanti.
  2. Attualmente, circa il 70% della popolazione italiana risiede in aree urbane e secondo le stime più recenti tale valore è previsto in aumento, raggiungendo l’80% entro il 2050. È quindi plausibile ipotizzare che in Italia sempre un maggior numero di persone potrà essere esposto agli effetti delle elevate temperature.
  3. Secondo stime recenti, inoltre, entro il 2050, circa un terzo della popolazione italiana sarà rappresentata da soggetti anziani (di età superiore a 65 anni), quindi potenzialmente più vulnerabili agli effetti del caldo, contro il 21% riportato dai dati ISTAT del 2014.
Nello studio, i ricercatori Ibimet hanno utilizzato dati satellitari della NASA di temperatura superficiale del suolo e dati del Joint Research Centre sulla densità della popolazione totale e degli anziani, che sono stati processati mediante una metodologia di valutazione del rischio per la popolazione legata a pericoli ambientali; il rischio è definito dalla interazione tra tre componenti fondamentali:
  • il pericolo ambientale (natural hazard), rappresentato nello studio dall’aumento della temperatura superficiale del suolo;
  • la popolazione esposta (exposure), rappresentata dalla popolazione totale;
  • la popolazione vulnerabile (vulnerability), rappresentata dalla popolazione di età superiore a 65 anni.
È stato quindi calcolato l’indice di rischio da caldo diurno e notturno per la popolazione anziana, chiamato nello studioHeat-related Elderly Risk Index (Heri), spazializzato su tutto il contesto urbano durante il periodo estivo. L’indice praticamente permette di individuare 5 livelli di rischio da caldo per soggetti anziani (rischio molto basso, basso, moderato, alto e molto alto).
Le mappe sviluppate in questo studio (Fig. 2 e 3) hanno mostrato una marcata eterogeneità a livello spaziale del rischio da caldo diurno e notturno sia nelle città dell’entroterra che costiere, con i livelli di rischio più elevati generalmente (ma non sempre) concentrati nelle zone centrali delle città.

mappa ad alta risoluzione di rischio da caldo (diurno e notturno) per i soggetti anziani nelle città dell’entroterra
Fig. 2: Mappa ad alta risoluzione di rischio da caldo per i soggetti anziani nelle città dell’entroterra

mappa ad alta risoluzione di rischio da caldo (diurno e notturno) per i soggetti anziani nelle città costiere
Fig. 3: Mappa ad alta risoluzione di rischio da caldo per i soggetti anziani nelle città costiere

È stato inoltre osservato che il livello di rischio da caldo più elevato non sempre è associato alle più alte temperature superficiali del suolo (soprattutto durante il periodo diurno), ma è anche funzione di come è distribuita la popolazione e soprattutto i soggetti più vulnerabili.

La densità di popolazione totale e degli anziani, invece, ha sempre mostrato valori progressivamente più elevati partendo dalla classe di rischio da caldo più bassa (rischio molto basso) e raggiungendo i valori più alti nella classe di rischio più elevata (rischio da caldo molto alto).
Tali informazioni, secondo i ricercatori Ibimet, sono di grande utilità in quanto forniscono notizie attualmente inesistenti a livello nazionale, ossia una descrizione molto dettagliata e citta-specifica del rischio da caldo per gli anziani, con un dettaglio sino a livello di strada (Fig. 4).
Fig. 4: Mappa ad alta risoluzione (100 m) del rischio da caldo per i soggetti anziani nella città di Roma con un dettaglio a livello di strada.
Fig. 4: Mappa ad alta risoluzione (100 m) del rischio da caldo per i soggetti anziani (HERI, Heat-related Elderly Risk Index) nella città di Roma con un dettaglio a livello di strada.

In sostanzasi tratta di uno strumento molto utile per la pianificazione degli interventi durante fenomeni particolarmente disastrosi come le ondate di calore che, oltre a causare grandi disagi tra la popolazione (in termini di percezione dell’ambiente termico), determinano ogni anno grandi perdite in termini di vite umane.
L’esatta conoscenza delle zone urbane a maggior rischio degli effetti del caldo per la popolazione, secondo i ricercatori del CNR, può facilitare e ottimizzare interventi da parte delle autorità locali che si occupano delle strategie di intervento per contrastare gli effetti del caldo a scala urbana.

Vista l’importanza delle caratteristiche del suolo in ambiente urbano alcuni ricercatori dell’Ibimet stanno anche effettuando altre indagini valutando a livello stagionale le relazioni tra il consumo di suolo (soil sealing) e il livello termico nelle città, inteso come variazione di temperatura superficiale del suolo (Lst). In particolare sono stati utilizzati i recenti dati ad alta risoluzione forniti in open data dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), pubblicati nell’ambito del rapporto Il consumo di suolo in Italia.

Nelle città studiate in queste indagini preliminari è risultato che al crescere del consumo di suolo la temperatura di superficie diurna e notturna aumenta linearmente in modo significativo. Ad esempio, per la città di Milano, per ogni 20 ettari di suolo consumato è stato osservato un aumento diurno della temperatura superficiale del suolo media annua di circa 0.6 °C. Questo, quindi, rappresenta un ulteriore contributo dell’ambiente urbano nell’aggravare il fenomeno del Global warming.

Fonte: Arpat 

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