mercoledì 2 settembre 2015

Conflitti causati dai cambiamenti climatici



Tra il 2006  e il 2011, la Siria ha avuto la sua peggiore siccità prolungata e le peggiori perdite di raccolti da quando è iniziata la civiltà nella Mezzaluna Fertile. Un milione e mezzo di persone su 22 milioni sono state interessate dalla desertificazione, e molti agricoltori  e allevatori  e le loro famiglie sono emigrati nelle città, aggravando le tensioni causata dall’afflusso di profughi iracheni dopo l’invasione statunitense del 2003. Il regime siriano per decenni ha trascurato le risorse della Siria, incentivando    invece la coltivazione di grano e cotone che hanno bisogno di acqua in abbondanza, e ha incoraggiato tecniche di irrigazione inefficaci. Lo sfruttamento eccessivo dei pascoli e la popolazione in aumento hanno peggiorato il problema, e le risorse idriche della Siria sono crollate del 50% tra il 2002 e il 2008.

Il collasso dell’agricoltura siriana deriva da un’interazione di cambiamento del clima, mediocre gestione delle risorse naturali e dinamiche naturali. “Molti importanti cambiamenti sociali, economici, ambientali e climatici in Siria, hanno eroso il contratto sociale tra cittadini e governo…hanno rafforzato la tesi del movimento di opposizione, e hanno danneggiato in modo irreparabile la legittimità del regime di Assad,” scrivono Francesco Femia e Caitlin Werrell del Centro per il Clima e la Sicurezza: sostengono che la comparsa dell’IS (Stato Islamico) e la sua espansione in Siria e in Iraq, sono in parte conseguenza della siccità (1). Questa non è soltanto il risultato della variabilità naturale del clima dato che, secondo i Proceedings of the National Academy of Sciences (Gli atti  dell’Accademia Nazionale delle Scienze): “i cambiamenti nelle precipitazioni in Siria sono collegati alla pressione dell’innalzamento medio del livello del mare nel Mediterraneo orientale, che mostra anche una tendenza a lungo termine. C’è stata anche una tendenza a lungo termine del riscaldamento nel Mediterraneo orientale che si è aggiunta al calo dell’umidità del suolo. Non è evidente alcuna causa naturale di queste tendenze, mentre i fenomeni di aridità e il riscaldamento  che sono stati osservati, sono coerenti con gli studi sulla risposta agli incrementi dei gas serra” (2).

I prezzi del grano e del pane aumentano rapidamente

Nella Cina orientale, nell’inverno del 2010/11, la siccità e le tempeste di sabbia ha indotto il governo di Wen Jiabao a sparare dei razzi per produrre la pioggia. Le perdite di raccolti hanno costretto la Cina a comprare il grano sul mercato internazionale e la conseguente impennata del prezzo nel mondo hanno peggiorato lo scontento popolare in Egitto, il più grosso importatore di grano del  mondo (le famiglie spesso spendono più del 33% del loro reddito per il cibo). Il grano raddoppiò  di prezzo (da 157 dollari a tonnellata nel giugno 2010 a 326 dollari nel febbraio 2011) e questo ebbe un notevole impatto sugli egiziani, dato che i prezzi del pane triplicarono aumentando quindi i risentimento popolare contro il regime autoritario di Hosni Mubarak.

Nello stesso periodo, i raccolti di grano, soia e granturco, sono stati danneggiati da La Niña, un grave evento climatico che causò siccità in Argentina e piogge torrenziali in Australia. Solomon Hsiang, Kyle Meng e Mark Cane descrivono su Natura la correlazione che hanno stabilito tra le guerre civili e l’Oscillazione Meridionale del Niño (ENSO) che   ogni  3 o 7 anni causa un accumulo di acque calde lungo le coste dell’Ecuador e del Perù e un’inversione degli alisei  del Pacifico, associata con importanti eventi metereologici (3). I tre scienziati calcolano che la probabilità di conflitti civili si raddoppia durante l’ENSO: è la prima dimostrazione che la stabilità delle società moderne dipende molto dal clima.

Il cambiamento del clima è diventato un moltiplicatore di minacce e sta cambiando le relazioni internazionali. La sicurezza rigida, ereditata dalla Guerra Fredda, è stata sostituita dalla “sicurezza nazionale”, un concetto  ideato dalle forze armate statunitensi al Centro per una Nuova Sicurezza Americana che è un  gruppo di esperti creato nel 2007 per combattere   lo scetticismo riguardo al cambiamento di clima e per identificare le minacce globali emergenti. Le fonti di insicurezza ambientale non sono più limitate ai  fenomeni naturali come le eruzioni vulcaniche, gli tsunami e i terremoti. L’attività umana, l’accelerazione dei cicli di produzione e la loro globalizzazione contribuiscono tutti all’instabilità del clima. Il neologismo “antropocene” , che definisce l’era attuale dominata dall’uomo, riconosce l’impatto eccezionale che hanno avuto le società industriali sul clima.

Lo scioglimento dei ghiacci dell’Artico

Nell’Articodove tutto il ghiaccio potrebbe sciogliersi entro la fine di questo secolo, e dove gli effetti del riscaldamento globale sono intensi il doppio di quelli di altri luoghi, le rivendicazioni di nuovi confini di terra e di mare, hanno risvegliato delle tensioni. La Russia, che ha condotto l’esplorazione dell’Artico per secoli, è l’unica nazione che ha una flotta di  rompighiaccio  nucleari. Una nave gigantesca, attualmente in costruzione nei cantieri navali di San Pietroburgo, sarà completata nel 2017. Mosca sta anche rinnovando la sua flotta di sottomarini ultra-silenziosi di quarta generazione in grado di lanciare testate nucleari.  Da parte statunitense, l’apertura dell’Artico viene presentata come un incentivo al commercio (collegamenti con l’Asia) e un’opportunità di assicurarsi nuove risorse energetiche (4).
Lo scioglimento dei ghiacci dell’Artico produce effetti sistemici. Le variazioni del vortice polare, cioè un vento gelido che arriva dal Polo Nord, ha causato il freddo intenso che aveva colpito il Nord America nell’inverno 2013/2014. 

“L’interazione tra l’Artico e il riscaldamento globale è qualcosa di nuovo nella storia strategica umana, perché trasforma l’incontro di geografia e di geofisica in una  nuova e strana potenza che è  geofisica come natura e che noi chiamiamo la potenza ambientale dell’Artico. Questo opera su scala globale, con enormi conseguenze,” ha detto lo stratega militare Jean-Michel Valantin (5).  

Il Comitato intergovernativo sul cambiamento del clima (IPCC) ha messo in rilievo che non c’è una teoria stabilita che renda possibile asserire che i conflitti armati al Polo Nord siano probabili. Ma lo scioglimento dei ghiacci verificherà la robustezza delle istituzioni circumpolari transnazionali  come il Consiglio Artico. I motivi sono complessi, instabili e mutevoli; il grado in cui gli effetti del cambiamento di clima pesano sulle società, dipenderanno dalla resistenza dei sistemi politici, economici e sociali (6).

Nel suo libro Climate Wars [Guerre del clima], Gwynne Dyer descrive un mondo in cui il riscaldamento globale accelera, e i profughi, affamati per le perdite dei raccolti e costretti a muoversi a causa dell’innalzamento del livello dei mari, cercano di raggiungere l’emisfero settentrionale. I paesi a latitudini più alte, ancora  autosufficienti dal punto di vista alimentare, si difendono – talvolta con armi nucleari – contro quei vicini aggressivi: i paesi dell’Europa meridionale e della costa del Mediterraneo, che sono diventati dei deserti (7).

Effetti della geo-ingegneria

Dovendo affrontare quella che alcuni scienziati chiamano “caos climatico  causato dall’uomo”, la geo-ingegneria- intervento deliberato di contrastare il riscaldamento globale – è un tentativo di acquisire il controllo del clima. Comprende tecniche di per rimuovere l’anidride carbonica e gestire la radiazione solare, ma rischia di introdurre un’importante destabilizzazione sociale e dell’ecosistema. Si ipotizza che spruzzare zolfo sia sufficiente a produrre uno spesso strato nell’atmosfera per bloccare i raggi del sole e raffreddare il pianeta. 

L’osservazione delle eruzioni vulcaniche ha però portato gli studiosi del clima a concludere che, sebbene le particelle di zolfo possono contribuire a raffreddare il pianeta, causano anche siccità regionali e possono ridurre l’efficacia dei pannelli solari, degradare lo strato di ozono e indebolire il ciclo idro-geologico. Il rapporto più recente dell’IPCC avverte: “Senza accordi globali sul modo di usare la geo-ingegneria e su quanta usarne, l’SRM (gestione della radiazione solare) presenta un rischio di conflitto internazionale.

Dato che i costi diretti  della SRM si è stimato che siano di diecine di miliardi di dollari americani all’anno, potrebbero essere affrontati da protagonisti non legat a uno stato o da piccoli stati che agiscono per conto loro, contribuendo potenzialmente ai conflitti globali o regionali.

Il cambiamento del clima crea non soltanto le cause di conflitti violenti, ma anche nuovi tipi di guerre, secondo lo psico-sociologo Harald Welzer: “La violenza estrema stabilisce forme di comportamento e di esperienza per cui l’emisfero occidentale in gran parte pacifico, nel periodo successivo alla II guerra mondiale, non offrono alcuno schema di riferimento” (8). I conflitti asimmetrici tra popolazioni e signori della guerra a servizio di grossi gruppi privati stanno componendo un ecosistema di violenza esacerbata dal riscaldamento globale. Il caos in Darfur (Sudan) fino dal 1987 è tipico di questa dinamica auto-distruttiva, peggiorata dalla debolezza degli stati. 

Nella Nigeria settentrionale, il degrado della terra ha sconvolto modi rurali di vita e ha interferito con le rotte della migrazione. Parecchie centinaia di villaggi sono stati abbandonati e le conseguenti migrazioni si sono aggiunte all’instabilità della regione, fornendo occasioni al gruppo islamista Boko Haram.

Il rapporto più recente dell’IPCC descrive l’insieme dei rischi, la convergenza di impatti multipli con una data area geografica: “Dato che le temperature annuali nel mondo si prevede che aumentino da 2 a 4 deviazioni standard, c’è la possibilità, ceteris paribus [se tutte le cose sono uguali], di grandi cambiamenti relativi dei modelli globali di violenza personale, di conflitti di gruppo, e di instabilità sociale nel futuro.”

Marshall B. Burke dell’Università di Berkeley, in California, e gli altri autori dello studio prevedono il 54% di aumento dei conflitti armati per il 2030. Il loro studio fornisce la prima valutazione totale dei potenziali impatti del cambiamento del clima sulle guerre nell’Africa sub-sahariana. Danno delucidazioni sul collegamento tra guerra civile, aumento delle temperature e precipitazioni più ridotte, estrapolando le proiezioni medie dell’IPCC delle emissioni di gas serra per queste regioni tra il 2020 e il 2039.

Il flusso di profughi verso il paradiso della prosperità in Europa, è probabile che incrementi ulteriormente in questo secolo. Lo studioso di scienze politiche François Gemenne dice: “Oggi al mondo  ci sono almeno tante persone costrette a trasferirsi come conseguenza del degrado ambientale quante quelle che devono farlo a causa delle guerre e della violenza.”  E, tuttavia, l’Occidente, malgrado la sua responsabilità storica del riscaldamento globale, si rifiuta di riconoscere la loro condizione: “Negare il termine ‘profugo per il cambiamento del clima’ equivale a negare il fatto che il cambiamento del clima sia una forma di persecuzione delle persone più vulnerabili.” Queste sono vittime di una trasformazione che va a di là del loro controllo.

Agnès Sinai  
Giornalista che si occupa di ambiente e  docente all’Institut d’Etudes Politiques de Paris.

Riferimenti:
(1) “The Arab Spring and climate change”, [ La primavera araba e il cambiamento del clima], The Centre for Climate and Security, Washington DC, febbario 2013.
(2) Colin P Kelley, Shaharzad Mohtadi, Mark A Cane, Richard Seager and Yochanan Kushnir, “Climate change in the Fertile Crescent and implications of the recent Syrian drought”, [Il cambiamento del clima nella Mezzaluna Fertile e le implicazioni della siccità in Siria], Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America (PNAS), vol 112, n. 11, Washington DC, 17 marzo 2015.
(3) Solomon M Hsiang, Kyle C Meng and Mark A Cane, “Civil conflicts are associated with the global climate”, [ I conflitti civili sono associate al clima globale], Nature, n. 476 (7361), London, 25 Agosto 2011.
(4) “National Strategy for the Arctic Region”(PDF), [Strategia Nazionale per la regione artica],White House, Washington DC, 10 maggio 2013.
(5) See Jean-Michel Valantin, “The warming Arctic, a hyper strategic analysis”, [ L’Artico che si scalda, un’analisi iperstrategica], The Red (Team) Analysis Society (www.redanalysis.org), 20 gennaio 2014.
(6) IPPC, Climate Change 2014Impacts, Adaptation and Vulnerability [Il cambiamento del clima 2014: impatti, adattamento e vulnerabilità], Cambridge University Press, Cambridge/New York, 2014.
(7) Gwynne Dyer, Climate Wars: the Fight for Survival as the World Overheats, [Guerre a causa del clima: la lotta per la sopravvivenza mentre il mondo si riscalda],
Oneworld Publications, London, 2010.
(8) Harald Welzer, Climate Wars: What People will be Killed for in the 21st Century,
[Le guerre causate dal clima: per che cosa saranno uccise le persone                        nel 21° secolo], Polity, Cambridge, 2012.
(9) Marshall B Burke, Edward Miguel, Shanker Satyanath, John A Dykema and David B Lobell, “Warming increases the risk of civil war in Africa” [Il riscaldamento fa aumentare il rischio di Guerra civile in Africa]
PNAS, vol 106, n. 49, 8 dicembre 2009.

Originale: Le Monde Diplomatique
Traduzione di Maria Chiara Starace

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