giovedì 11 maggio 2023

Scherzi a parte nella Rete Bioregionale Italiana - Una memoria iconoclastica di Paolo D'Arpini

 


"Né a destra né a sinistra... e nemmeno al centro!" (Saul Arpino)


Sapete che sono nato l’anno della Scimmia, e tutti dicono che la scimmia è un animale dispettoso. Ma non è vero, ve l’assicuro, solo che la scimmia vuole scoprire le reazioni degli altri, la verità che si nasconde dietro le apparenze, ed è per questo che gioca tiri birboni a tutti quanti e li sfida in mille modi, per capire come reagiscono e come si manifestano nelle situazioni particolari.

Essendo questa la mia prerogativa va da sé che tutte le situazioni in cui mi son venuto a trovare comprendevano risvolti machiavellici in cui saggiavo il terreno dei compartecipi al gioco della vita.

Ciò è avvenuto anche con i membri della Rete Bioregionale Italiana, quelli che vengono definiti –solitamente- il top dei top fra gli  ecologisti, i "migliori" nella consapevolezza ambientale. Ma sarà poi vero? Di certo posso dire che alcuni suoi membri sono persone oneste e sincere e non si atteggiano a “santoni dell’ambiente”, ma altri soccombettero alle mie pesanti trovate… e restarono nudi sotto il mio sguardo imparziale e crudele.

Già alla riunione fondativa della Rete, ad Acquapendente nella primavera del 1996, compii diversi magheggi. Dovete sapere che conobbi il bioregionalismo (Nota 1- come termine inventato ben inteso, in quanto è un principio antico ed universale) prima dalle pagine di Frontiere di Edoardo Zarelli (che successivamente fu esautorato perché di matrice europeista mentre nella Rete prese il sopravvento il ramo americanista di Snyder, Berg, etc.) e successivamente tramite l’amico Stefano Panzarasa e l'allora sua compagna Jacqueline Fassero. Essi mi invitarono all’incontro fondativo che era stato promosso da Zarelli (poi scomparso dalla scena) informandomi però che durante l’incontro della "
crème de la crème" degli ecologisti italiani non avrei dovuto parlare di vegetarismo, perché molti di loro erano contrari, e soprattutto non avrei dovuto coinvolgere le istituzioni, perché la maggior parte dei convenuti  erano fricchettoni.

Promisi di attenermi alle direttive ma come potete immaginare non lo feci affatto.


In primis: invitai l’allora presidente della Provincia di Viterbo (nella quale Acquapendente insiste), Ugo Nardini, che nell’imbarazzo, considerando il gelo con il quale fu accolto, proferì qualche parola di saluto e buon auspicio e se ne partì. In secundis: quando fu il mio turno di intervenire nel cerchio, feci un accorato discorso sul salvataggio della terra che è possibile solo se si rinuncia agli allevamenti intensivi ed all’uso smodato di carne.  Ricevetti molte critiche e e mugugni e non volendo creare separazioni me ne partii la sera stessa, dopo una cena alquanto insapore, lasciando come miei rappresentanti Claudio Viano e la sua compagna Daniela, entrambi   vegetariani convinti. Essi non poterono inserire alcuna istanza   vegetariana  ma fecero del loro meglio per ammorbidire ed accorciare il documento d’intesa  che doveva essere approvato e che all’inizio constava di parecchie pagine, ora è ridotto ad una mezza paginetta
(http://retedellereti.blogspot.com/2019/06/rete-bioregionale-italiana-carta-degli.html).

Comunque in seguito inviai due lettere formali di adesione alla Rete, una a nome del Circolo vegetariano VV.TT. (ramo culturale, vegetariano e spiritualista) e l’altra a nome del Punto Verde Calcata (ramo politico laico). Poi iniziai la battaglia interna, tanto per cominciare avviai un discorso di attuazione bioregionale partendo dalla riaggregazione delle Regioni in nuovi ambiti amministrativi, prendendo ad esempio l’identità culturale ed ambientale della Tuscia od Etruria, che poteva fungere da modello di attuazione politica del  bioregionalismo applicato agli ambiti omogenei. In questa battaglia fui lasciato quasi da solo, poiché molti altri "bioregionalisti" preferivano  ritirarsi dalla società per andare a vivere in campagna. Solo alcuni amici  “intellettuali e socialmente impegnati”, come Pietro Toesca, Aurelio Rizzacasa,   Alessandro Curti, Fulvio di Dio, Lidia Bonura ed altri mi affiancarono in questo filone.

Poi tentai un nuovo approccio laico applicato all’ambiente. Sino allora gli ambientalisti si consideravano di "sinistra" (si fa per dire) e ciò comportava una sperequazione, ponendo l’ecologia in un settore che doveva invece essere universale. Compii questa operazione allorché dapprima invocai la collaborazione dell’allora presidente di "sinistra" della Regione Lazio, Piero Badaloni, che partecipò ad un convegno sul tema bioregionale da me organizzato a Sant’Oreste, assieme a vari assessori e consiglieri, di cui ora ricordo Bonadonna (PRC), Daga (DS) e Bonelli (Verdi). E fin qui non ricevetti critiche di sorta dai miei co-membri, anche se nessuno d’essi si degnò di partecipare al convegno (considerato troppo ufficiale).

Successivamente quando organizzai un incontro annuale della Rete a Calcata (sul tema dell’economia sostenibile) ed erano presenti gran parte dei capi-rete, durante il convegno nella sala consiliare del Comune ci fu -da parte dell’allora sindaco Luigi Gasperini- la lettura del patrocinio "morale" concesso e del saluto dell’allora presidente regionale Francesco Storace (sì proprio lui) e qui le facce di molti “compagni” bioregionalisti si fecero “nere” (si fa per dire..) ed alcuni si rifiutarono di fare un intervento in quel consesso, dominato tra l’altro da un numero incredibile di vegetariani ed animalisti. Quella volta, dopo il pranzo finale di commiato al Tempio della Spiritualità   della Natura, la vidi brutta e sentii quasi il venticello della scomunica su di me… mi salvò solo l’intervento con invito al sincretismo di mia sorella Daniela, che aveva lavorato indefessamente al servizio della causa per due giorni.

Ora potrei continuare a raccontare quanti altri “dispetti” ho fatto a questi benedetti membri della Rete, ma ve li lascio immaginare… e chiudo.

Paolo D’Arpini 



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