giovedì 26 maggio 2016

Bioregionalismo significa vivere in una comunità ecologicamente consapevole



     Due anni fa stavo conducendo una delle tante e belle riunioni nelle scuole del Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili (dove ho la fortuna di lavorare come educatore ambientale) per presentare l’area protetta, la natura, la cultura e le problematiche ambientali nell’ambito del “Consiglio delle Ragazze e dei Ragazzi del Parco”. Alla fine di una di queste riunioni, in una classe di scuola media, un bambino si alzò e disse: “Professore tutto quello che lei ci ha spiegato sull’ambiente è storia vecchia, il problema adesso sono le scie chimiche!”

     Io prontamente risposi innanzitutto dicendo che ero d’accordo, per quello che si è venuto a sapere le scie chimiche sono veramente un problema, e poi mi complimentai con il bambino per la sua interessante osservazione.

     Ora dunque la riflessione è questa: devono forse essere i bambini e le bambine a fare capire agli adulti che ci sono delle nuove emergenze ambientali e che la scuola e gli operatori del settore non sono preparati a parlarne?

     Ormai l’educazione ambientale è presente a vari livelli in tutte le scuole ma quali sono in effetti gli argomenti che ancora non vengono affrontati o che se affrontati non lo sono in modo chiaro e ecologicamente corretto? Vediamone tre significativi.

     Il primo è proprio quello delle scie chimiche, è in atto ormai un nuovo modo di fare la guerra, la guerra del clima, qualcuno giustamente ha detto di “rendere la terra stessa un arma” tramite modificazioni climatiche indotte artificialmente attraverso le emissioni degli aerei. Senza dilungarmi troppo ormai si sa bene che dagli aerei fuoriesce di tutto, metalli pesanti, composti chimici, molecole tossiche nano-particelle…

     Il secondo è quello del problema dell’elettromagnetismo (cellulari, computer, wi-fi, cordless, ecc.) e dei suoi effetti tanto dannosi su noi umani ma anche su piante e animali. Effetti devastanti, mortali, catastrofici ma fin’ora sempre sottaciuti grazie all’opera di disinformazione delle multinazionali del settore. E le bambine e i bambini sono le persone più sensibili dato che se noi adulti qualche minima protezione biologica l’abbiamo, loro molto di meno… E intanto mettere il wi-fi nelle scuole, in tutte le classi, sembra un segno di progresso…! (basterebbe invece usare i cavi…).

     Il terzo riguarda la corretta alimentazione che dal punto di vista ecologico non può che essere vegana e crudista come insegna l’ecologia profonda riguardo al valore e dignità di ogni essere vivente nel rispetto dei cicli della vita e di quelli stagionali e della possibilità di ogni specie di avere diritto al proprio habitat, alla libertà e la propria evoluzione. Ma come insegnarlo a scuola dove la maggior parte delle insegnanti hanno ancora uno stile alimentare carnivoro-patriarcale (per non dire “crudele”)?

     Per finire riprendendo un po’ tutte le questioni si tratta di ridefinire la nostra idea di civiltà considerando che attualmente e da migliaia di anni siamo tutti assoggettati (il pianeta, le donne e gli animali in primo luogo), alla società cosiddetta patriarcale che vede nella sottomissione e nella distruzione (del naturale per l’artificiale – il progresso) il proprio senso di essere.

     Invece un altro mondo è possibile. Gli studi di Marija Gimbutas sulla Civiltà dell’Antica Europa neolitica hanno dimostrato senza ombra di dubbio che proprio qui in Europa i nostri antenati avevano un altro modello di civiltà, matrilineare, egualitaria, rispettosa della natura (la Madre Terra, la Grande Dea) e dei cicli naturali… Poi con l’avvento del patriarcato tutto è cambiato e in molto peggio…

Ora però possiamo resistere, sperare, sognare e agire ecologicamente in senso globale ma anche e soprattutto locale, quotidiano e bioregionale verso… un antico futuro.

di Stefano Panzarasa
(Rete Bioregionale Italiana)

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