lunedì 16 maggio 2016

Cantamaggio con la Lanterna Magica - Un cammino dei canti bioregionale




Ricordavo il Cantamaggio dello scorso anno  (2015) con immagini piene di sole e di fiori, in quel di Maserno di Montese e l'accoglienza delle aziende agricole che ci hanno ospitato con abbondanza di cibo e bevande. Quest'anno, il 15 maggio 2016,  a Oliveto, frazione di Monteveglio, in provincia di Bologna, è stato un po' diverso, ma alla base di tutto c'è che è trascorso, appunto, un anno.  Non sono particolarmente in forze in questo periodo, il clima non aiuta, la fatica aumenta.

Come al solito io e Paolo siamo arrivati con un po' di ritardo  rispetto all'orario fissato per la partenza, le 15. Noi siamo partiti da casa dopo un breve ma insufficiente (per me) sonnellino e, non essendo mai stata ad Oliveto, ho sbagliato strada e dopo una sosta per chiedere informazioni, siamo dovuti tornare indietro, per alcuni chilometri. Arrivati al parcheggio di Oliveto abbiamo cercato con lo sguardo il cappellino di Piero e ci siamo incamminati dietro al gruppo, che stava partendo in quel momento. 

La prima sosta c'è stata quasi subito, sotto alla torre campanaria, in un bel piazzale, fiancheggiato da un campo di bocce tenuto in ottime condizioni (non come quello di Treia che è stato abbandonato, fino a farlo scomparire sotto alle erbacce). Lì le prime canzoni e la prima giga a cui noi, per risparmiare le forze, non abbiamo aderito, ma ci siamo beati nell'assistervi. In questa sosta un'azienda di Monte San Pietro rappresentata da una bella ragazza, ci aveva fornito pane, miele, acqua e tisane. Perfetto per un dopo-pranzo. 

Oltre ai soliti musicanti della Lanterna magica, quattro, un violinista, una organettista, un ragazzo che suona mandolino e
zampogna ed il nostro chitarrista e voce Piero, stavolta c'era un
fisarmonicista, molto intuitivo e bravo. Guardandolo da vicino mi sono accorta che i suoi occhi erano "spenti", ma parlava,  si muoveva, rideva e suonava in maniera così spontanea, che il suo "disturbo" neanche si notava. Si chiama Teresio, anche un bel nome, molto originale!

Poi siamo andati un po' a zonzo in un avanti e indietro strano. Piero ha spiegato che una o due tappe erano state all'ultimo annullate per paura, da parte degli ospiti programmati, della pioggia. Ci siamo fermati anche vicino ad un bel viale di cipressi, raro da queste parti ed io, incuriosita, visto che c'era si un cancello, ma era completamente spalancato ed anche alquanto arrugginito, sono salita lungo lo stradino, poco curato o almeno non di recente ed in fondo c'era una bella casa, vecchiotta, chiusa, ma molto "attraente".

E dopo un'altra tappa nel giardino di una casa ospitale, la pioggia alla fine ci ha raggiunto, assieme ad un vento freddo, ma per fortuna solo poche gocce che ci hanno colto nel cortile-prato dell'ultima tappa, un''azienda agricola che fa parte del "consorzio" degli Streccapogn. Lì avevano anche imbandito un banchetto di merci in vendita, farine, saba, ciliegie. Ho voluto acquistare un chilo di farina di castagne, farò un castagnaccio per me e il mio amore Paolo.

Dopo i canti di benvenuto e di ringraziamento per gli ospiti ci siamo buttati sul buffet, a base di pane e olio di oliva, gnocco e crostata, vino bianco e rosso, acqua.  Per il freddo, io, che normalmente non bevo quasi più vino, mi sono fatta un mezzo bicchiere di pignoletto (era buono!). Erano ormai le 18 passate quindi, visto che ci attendeva un bel tratto di strada per il ritorno, e pure in salita, io e Paolo ci siamo incamminati prima degli altri e così abbiamo ammirato la vegetazione del luogo, lungo il vialetto per tornare alla strada principale, che era pieno di equiseto e fiori di pisello e liliacee rosa. 

Il panorama che si godeva dal punto più alto era mozzafiato, sulla pianura verso Bologna.Abbiamo visto anche molte ville in vendita, certo di questi tempi magri, si sta più volentieri in un centro abitato, forse anche inconsciamente si spera di essere più vicini agli altri esseri umani e di poterne avere un aiuto in caso di necessità.

Oliveto è un luogo, per quel po' che ho visto, che, a parte le ville più o meno di lusso della periferia, un borgo che potrebbe offrire un ambiente sano per un vivere in comunità. Non so se gli abitanti provino questa sensazione. In effetti non ho visto neppure un bar o un negozio per cui temo che sia un po' un dormitorio, dove la gente va per fuggire il caos della città, ma dove non c'è, forse, un vero tessuto sociale. Chissà!?

Al  prossimo Cantamaggio, a Dio piacendo!

Caterina Regazzi



















Album fotografico completo di Caterina Regazzi:
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